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Album Reviews /

Jon Brooks Walberswick

  • Label / More Than Human
  • Catalog / MTH 007
  • Format / Vinyl
  • Released / 05/2015
  • Style /
  • Rating /
    9.5/101
Jon Brooks ‎– Walberswick

Questa cosa dei sintetizzatori modulari, diciamolo, sta sfuggendo un po di mano. Ed è buffo guardare le cose dall’esterno, da una prospettiva che, puoi girarla come vuoi, sempre alla musica fa capo.
E’ buffo ed un po triste assistere al traino che alcune mode hanno su qualcosa che in fin dei conti dovrebbe rimaner puro, la musica. Mentre basta farsi una “surfata” in rete per incappare a più riprese in questo termine. Gli strumenti sono importanti, fondamentali sottolineerei, ma c’è un aspetto che va oltre,  anche in riferimento a suoni che sostanzialmente non hanno bisogno di esecutori diplomati al conservatorio; conoscere la teoria è importante, importantissimo, ma non fondamentale.
Allora cos’è che dobbiamo inseguire? In tanti anni passati ad ascoltare musiche, definiamole non ortodosse, sono giunto alla conclusione che alla base di tutto questo circo ci siano le idee. Aver qualcosa da comunicare, per alcune musiche, è di gran lunga più importante che conoscere la musica stessa. Non fraintendete, lo studio è pur sempre essenziale, ed un musicista da un improvvisato è quantomeno distinguibile, ma se la storia della musica elettronica moderna è fatta sostanzialmente da non-musicisti un motivo ci sarà, un motivo che fa capo alle idee ed al saperle comunicare.

Una permessa che mi permette di poter distinguere in maniera piuttosto netta le pubblicazioni di alcuni improvvisati che pensano di poter arrivare al traguardo grazie al solo scontrino rilasciato in un negozio di strumenti musicali, o ad una foto che ha raccolto centinaia di consensi sui social network. Non è retorica, e ve lo dimostra il fatto che negli ultimi mesi due mostri sacri come Charles Cohen e Jon Brooks abbiano rilasciato due album che mettono in chiaro definitivamente il come, il quando ed il perché ha senso utilizzare determinati strumenti. Fa ancora più effetto notare che i due produttori in questione provengano da due generazioni distanti tra loro, fatto che conferma ulteriormente il ragionamento a cui facevo capo qualche riga sopra, ovvero che l’idea è alla base di tutto.

La More Than Human è una label di recente creazione, gestita da Gareth Moses in quel di Vancouver, una label dedita a sonorità sperimentali con il comune denominatore di voler raccontare qualcosa. Non sperimentazione fine a se stessa, ma stesure ardite che contengono sempre un messaggio cifrato in una melodia, in un giro di basso, in un’atmosfera che comunica calore e familiarità.

 Jon Brooks ‎– Walberswick

Jon Brooks è uno di quei talenti che sa districarsi tra i vari stili con una sapienza unica, è l’uomo dietro un progetto incredibile come The Advisory Circle o, correndo dietro negli anni, King Of Woolworths. Un produttore che ha saputo immedesimarsi nella musica e nei decenni che ha fatto rivivere con estrema naturalezza, navigando le coste del funk, calandosi nelle pieghe “soundtrackistiche”, immergendosi in distese ambientali. Questo nuovo album prodotto con il suo nome di battesimo ed intitolato Walberswich (probabilmente la cittadina inglese nella quale è cresciuto o comunque legata a qualche ricordo) è un disco composto utilizzando esclusivamente il Buchla 200e Electric Music Box, ed in otto brani riesce a costruire uno scenario futuristico che sembra abitare in una pellicola di isolazionismo sci-fi perfettamente descritto dalle oscillazioni, dai riverberi e dagli arpeggi che lo compongono e caratterizzano.

E’ come se un unico motore avesse fatto muovere l’intero organismo, in un’atmosfera minimale ma popolata di varie specie. Brooks fa ampio uso di un’alternanza forte tra i pads ripetuti all’infinito ed alcuni suoni lasciati in scena per pochi secondi. E’ un contrasto funzionale, perché interrompe l’ipnosi facendoci tornare sulla terra ad assaporare le fragranti melodie che ci offre con generosità. E’ ambient con un cuore trance, segue ripetizioni cicliche, si dilunga in tappeti infiniti e vira dentro antri melodici che comunicano in maniera più umana attraverso accordi che stupiscono con la loro semplicità. Ascoltare questo disco è rendersi conto di quanto sia netta, marcata e sostanziale la differenza tra alcune produzioni fatte con tutti i crismi del caso ed altre nelle quali ad emergere è soltanto la data funzionalità di un dato strumento. L’arte è elitaria, non ha mai baciato tutti, è insita, come è giusto, nell’artista e questo disco è figlio di un’arte, quella di saper far musica.