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Album Reviews /

Deep88 The Black Album

  • Label / 12 Records
  • Catalog / 12R04LP
  • Format / Vinyl, CD
  • Released / 05/2016
  • Style /
  • Rating /
    8/101
Deep88 ‎– The Black Album

Dov’è finito tutto il patrimonio house italiano?
Considerando la forza espressiva, lo spessore artistico dei protagonisti e soprattutto la grandezza di tutti quei dischi che a cavallo tra il 1988 ed il 1993 hanno segnato solchi profondi nella storia del verbo di Jack, sembra paradossale lo smembramento effettuato su questo grande patrimonio, condotto in malora da un decennio di carnevali laccati con i soldi delle villeggiature rivierasche, tra alberghi a due lire e lo sfavillante circo della “collina” a maturare incassi ed ingrassare vacche, contaminando poi, con questa malattia, il resto della penisola, di-fatto, americanizzando il tutto in una mercificazione le cui conseguenze sono state il perfetto humus per il successivo vuoto minimal.

L’house è americana, è vero quanto il fatto che Frankie Knuckles e Ron Hardy suonavano ed erano ispirati dai dischi italiani dei N.o.i.a., di Asso o di Kano. L’house é magma reso incandescente dalla passione, la stessa passione che ha fatto maturare un suono prettamente italiano in ambito house. Un suono strumentale e struggente dove la scrittura dei pads, i soli di piano e tutte le partiture melodiche seguono onde che premono sul tasto emozionale. I dischi house italiani sono così, malinconici e passionali, ti prendono per mano e ti portano in paradiso mentre versi lacrime e sudore.

Ne sono rimasti pochi di interpreti in grado di tener alti questi sentimenti, ed è proprio in quest’ottica che va letto il ventennale lavoro di Deep88. Un lavoro che suona come dovrebbe suonare l’house italiana, un suono che non ha mai avuto la pretesa di innovare, diciamolo, perché non è questo né il contesto né l’aspirazione. Questa musica è l’amico con il quale bevi un bicchiere di vino seduto al tavolo di un vecchio bar, è una coltre di sentimento che parte dal profondo per elevarsi e toccare vette immateriali.

Poi nello specifico è musica dance strumentale nella quale Alessandro Pasini riversa i suoi anni chiuso in studio sui sintetizzatori, distillando un brano come SP1200 Jam che fa danzare il dolce-acido della TB-303 con il ritmo di una vecchia e sottovalutata drum machine della E-mu Systems.

The Black Album è un titolo che non vuole certo fare l’occhiolino a Prince, ma va piuttosto interpretato come un ironico attacco a certi poteri forti del panorama attuale, imperniato sul nero colore e sul minimale tratto.

In nove brani segue un concetto ben preciso che è quello di scrivere musica suonando melodie che possano emozionare con semplicità, arricchendosi di samples vocali utilizzati con parsimonia, linee di basso grasse e corpose e grandi bagliori notturni che illuminano di calda luce un altro brano simbolo come Schlagsahne, che nei suoi sette minuti e trenta riesce a scuotere i ricettori emotivi con quattro semplici note messe in sequenza.

Ci sono casi in cui è bene guardare con speranza al futuro ed aspettarsi qualcosa da questo, ce ne sono altri nei quali ci auguriamo di veder tornare a vibrare fasti di tempi maldestramente lasciati marcire.
Ora chiedetevi cos’è l’house.