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Album Reviews /

Swayzak Some Other Country

  • Label / Studio !K7
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 2007
  • Style / ,
  • Rating /
    8/101
Swayzak

Piccolo flashback: siamo nel 97, il centro della club culture è Londra, con le ritmiche sincopate della drum’n’bass che squassano i dancefloor di mezza Europa. Timidamente si affacciano due mosche bianche, James Taylor e Rob Brown, in arte Swayzak, che pubblicano dei 12” fuori dagli schemi, catalogati in quel non meglio identificato sottogenere allora chiamato per comodità tech-house, singoli che poi andranno a finire nell’esordio Snowboarding in Argentina.

Nel frattempo, col passare degli anni, il baricentro si sposta verso l’Europa continentale, e precisamente in Germania, in posti come Berlino o Colonia, la ritmica diventa più squadrata, dritta, e quella che si chiamava tech-house diventa minimal, gli Swayzak firmano per una etichetta tedesca, la !K7 e si fanno conoscere dal grande pubblico con la compilation Groovetechnology v1.3, in cui palesano le loro radici tedesche (Basic Channel, Studio 1, etc.). Il resto è storia recente: la minimal è diventata il genere da ballo mainstream per eccellenza, con i dj che fino a ieri facevano underground che adesso si improvvisano alfieri della minimal techno riempiendosi le borse (o i laptop) con tutte le pubblicazioni della kompakt o della minus.

Ecco, diciamo che con questo spirito l’ascoltatore compulsivo si avvicina a Some Other Country, ultima fatica del suo inglese. Fortunatamente però gli Swayzak hanno sempre avuto l’abitudine di spiazzare gli ascoltatori, anticipando (vedi Snowboarding in Argentina alla voce micro-house) o seguendo (vedi Dirty Dancing alla voce electroclash) a piacere le mode del momento, mantenendo comunque una peculiarità e una sensibilità uniche.

Per Some Other Country Taylor e Brown hanno deciso di seguire il solco tracciato con Loops from the bergerie, loro penultimo lavoro in studio, tenendo ferme le loro radici techno ma avvicinandosi alla forma canzone, avvalendosi della collaborazione di nomi noti (Richard Davis) e nuovi (Cassy).

È proprio la voce della dj producer berlinese Cassy, di solito dietro la console del Panoramabar, locale culto della scena berlinese, ad aprire nel migliore dei modi Some Other Country: voce in loop, accenno di piano e glaciali staffilate che scendono nella spina dorsale. Si prosegue con gli echi e i delay di So Cheap e con la voce dell’inseparabile Richard Davis in No Sad Goodbyes, con la sua produzione così squisitamente swayzakiana, se mi passate il neologismo.
Il gioco ad incastri fra pop e techno continua e raggiunge la perfezione in Smile And Receive: voce algida e ritmo zoppicante.

L’ultimo pezzo, They Return, che rimanda ai momenti migliori di Snowboarding In Argentina e Himawari, chiude l’LP con una schiuma fredda e scura fatta ancora di echi dub e voci lontane. In mezzo, forse qualche riempitivo e qualche concessione di troppo al pop non rovinano comunque l’atmosfera generale del disco, ricordandoci che spesso e volentieri molte delle cose più interessanti i due inglesi le hanno sempre pubblicate in EP sparsi qua e là…

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