New York
Chicago
Detroit
Den Haag
Greatest Pills /

The Frustrated The Anthology Of Experimental Music

  • Label / Disturbance
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 1994
  • Style / ,
  • Rating /
    10/101
The Frustrated
Brillava, cazzo se brillava Roma.
Londra e Detroit ad ammirare la luminescenza di un suono che voleva capovolgere le regole, nomi di culto che muovevano folle ora impensabili e nel sottosuolo ancora osava ardere la fiamma.
Cos’è stata Roma nei primi anni ’90 lo hanno capito veramente in pochi.
Giovani bunkerizzati notti intere a teorizzare sulla musica, macchine in ebollizione, idee incandescenti e soprattutto tanti capitoli purtroppo isolati che hanno visto bucare le loro pagine con lo stesso inchiostro con le quali venivano scritte. Era il prezzo da pagare, quando abbonda la materia è praticamente certo che qualcosa vada perduto.

Davide Lombardi, Francesco Gambino e Francesco Zappalà, 1994 ma credo la questione abbia avuto inizio molto tempo prima.

Una label italiana come la Disturbance, autentico monumento al coraggio di un uomo come Ivan Lusco, etichetta che insieme alla sorella maggiore Minus Habens ha permesso a molti di noi d’andar in giro a testa alta. Tutto questo invece succedeva a Bari, dove anche un’altra mente straordinaria come quella di Alessandro Ludovico fondava la rivista Neural ed andava ad occuparsi della musica elettronica in tutte le sue forme e del media hacktivism più underground trasmettendo conoscenza fino ai nostri giorni.

Lombardi, Gambino, Zappalà, sono questi i nostri uomini, il progetto è ora accreditato al solo Gambino ma c’è da giurarci che le tre menti abbiano covato insieme il seme incendiario.
“The Anthology Of Experimental Music” lavora di cesello dove Lory D picchiava come un fabbro, parte da alcune accelerazioni industriali per decomporsi e formare poi un nuovo linguaggio più a portata d’uomo.
Detroit appare e scompare, una lampada che quando abbaglia sa fare male, come in “Powerflex (Epicuro’s Garden)”, con il suo synth trascinato che scrive una toccante melodia punteggiata da cassa e rullante con ritmo spezzato, seguito poi da un mostro ambient come “3D Eyephone Cybordelic-Metamorphosis”.

Un lavoro concepito per colpire in profondità, scrivendo continuamente melodie che squarciano i cieli, con 303 vorticanti a sciorinare giri di basso imprendibili e pieni di calore, potentissimi inserti che definiscono la strada di brani come “Frustration” o “Experimental”.
C’è quacosa di più, ascoltando questa musica sono palpabili alcuni incastri ormai definitivamente perduti, millimetrici passaggi nei quali cassa, basso, synth piattini e tutto il resto, vengono uniti in funzione della resa melodica vera e propria, e non solo usati come meri raddoppi o isolate prime donne alla ricerca dell’urletto di turno.

Questa è musica organica, mutante e densa, scritture che valgono tutt’oggi il tempo passato ad illustrare le proprie idee, tenendo ben presente dove sono ancorate le fondamenta, per poter sviluppare un sogno che ci è passato sotto gli occhi senza farci male come avrebbe dovuto.
Tornare ad ascoltare questi dischi è un autentico tuffo al cuore per chi ha vissuto quel tempo con coscienza, ma è soprattutto un accidente per chi al tempo non ha saputo coglierne il valore.
La certezza è che di dischi di qualità come quello in questione e come le tantissime perle nascoste nel sottosuolo romano non se ne fanno più.
Chiamatela evoluzione, chiamatelo progresso, cercate di convincervi pure che la musica è andata avanti, ma sentire un groppo in gola ascoltando un disco techno sperimentale di 15 anni fa è una cosa che raramente vi accadrà tra 15 anni.