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Greatest Pills /

Various Chicago Trax – The Orginal Sound of House

  • Label / Unisex
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 2001
  • Style / ,
  • Rating /
    9/101
Chicago Trax - The Orginal Sound of House
In merito a Chicago ho due grandi convinzioni. La prima è che la storia della house music dovrebbe essere inserita nei programmi scolastici di musica, insegnata nelle scuole come base per capire la dance moderna, senza la quale quest’ultima non sarebbe mai esistita.
La seconda è che i groove emanati dalla Windy City non si siano mai fermati. Vibrazioni forse imbalsamate per anni, occultate e spesso rievocate in questi ultimi tempi dai produttori di mezzo mondo, ma pronte a rigermogliare nella sua originale essenza (vedi i lavori su etichette come Mathematics, Deeply Rooted House, o le produzioni dei nostri eccellenti Mario Pierro aka Raiders of The Lost Arp e Marcello Napolitano). L’epilogo (o il prologo se vogliamo) di questo nuovo “corso e ricorso storico” è stato proprio “Resurrection”, dei mastodontici Virgo Four uscito proprio a marzo scorso. E, come se non bastasse, sempre quest’anno ricade il venticinquesimo anniversario dei quel mostro inossidabile quale è la Trax Records

Intro obbligatoria per farvi capire il valore di queste dodici perle acid e jack house, scelte dall’inglese Unisex nel 2001 per formare questa compilation (nonché prima release della label), selezionate proprio dallo sconfinato catalogo della Trax che le pubblicò tra il 1986 ed il 1989.

Non voglio dilungarmi sulla pietra miliare “Do You Know Who You Are” dei Virgo ma proseguire oltre per incontrare le sensuali parti vocali ed i beats di Sampson “Butch” Moore (alias attributo ad un’altra figura chiave, quella di Steve “Silk” Hurley)  in “House Beat Box “,  pezzo che precede la foresta tropicale di “The Jungle”, targata 1986 per mano di Marshal Jefferson dove ci ammalia la calda voce di Harry Dennis (insieme formano i Jungle Wonz)  accompagnata dal suono caldo delle tastiere con note protese ed evocative che avvolgono i grattacieli di Chicago in una nebbiosa giungla dal sapore balearico.

A questo punto il pensiero ricade sull’inconfondibile carica sessuale di questi brani, caratteristica che accomuna tutte le tracce jack di questo periodo, dove gli elementi sensoriali post-disco insiti nelle partiture vocali ed alcuni riff ripresi e rielaborati, si fondono con quelli tipici dell’arte del cutting insieme ad una programmazione ritmica impregnata del succo linfatico delle radici funk da cui la maggior parte dei produttori dell’epoca proviene. Un altro miracolo, un’altra rivoluzione dance è compiuta. E si chiama House Music.

Tutti questi aspetti si ritrovano soprattutto nei pezzi di Ricky Dillard, “As Always (Lovin’ House Mix)” e in “Ride The Rhythm” di Marshal Jefferson (nel collettivo On The House) dove il potente canto nero è il fautore delle vibrazioni erotiche generate nell’animo di chi animava le lunghe notti del Wharehouse club (e successivamente del Power Plant) e del  Music Box di Chicago.

Più celebrale e d’atmosfera la splendida “Farley Knows House” di Farley “Jack Master” Funk, uno dei produttori più prolifici, mentre Adonis con “Beat  the Knuckles” espone il lato più onirico-sperimentale con cui i dj approcciavano al nuovo piensiero musicale.

“Can’t get enough” di Liz Torres (1988) è un tracimante esploit vocale in territorio latino con testo cantato in spagnolo a testimonianza che l’house non è stato solo un affare “nero”. Altro esempio di fusione disco-funk è mostrata perfettamente in “Dum Dum” (1984) di Jesse Saunders (aka Fresh), uno che è citato dai libri di settore come inventore della prima traccia house in assoluto (“On and on” 1984). Un pezzo letteralmente stupefacente, dato che dopo circa metà di avanzamento in un territorio coeso tra ritmica funk e prime sperimentazioni house, cede il posto all’entrata di chitarra e basso in una jam session più consona ad una registrazione live che ad una produzione da studio.

Credo però che il delirio totale, l’espulsione delle energie corporee con balli di (in)sano euforismo, sia scoppiato quando vennero inseriti i giri di bassline della 303. Andonis (aka Santos) in “Beat the Knuckles”, ma soprattutto i Phuture (gruppo fondato da DJ Pierre, Spanky ed Herb J, altra leggenda di questa incredibile storia) ne danno uno spaventoso esempio nella sulfurea “Phuture Jack” con charlie ed altri elementi ritmici tipici della 808 che fanno esplodere l’apocalisse acid house in tutto il Mondo. Infine, possiamo capire perché fu posto come ultimo brano “7 Ways To Jack” sempre di Marshal Jefferson (aka Hercules). I sette comandamenti per liberarti da ogni barriera inibitoria sono citati da una figura tenebrosa mentre ossessive percussioni e lampi di synth ti trasportano in un limbo di seduzione ed abbandono in una danza di sudore e piacere estatico.

Affermare che tale selezione racchiude l’essenza della storia di Chicago è troppo pretenzioso ma di certo, con una manciata di fottutissimi euro, potrete accaparravi il cd in originale che contiene inoltre un validissimo booklet dove la storia della House Music viene perfettamente sintetizzata.

Non fatevi sfuggire una facile occasione per immergervi nel groove nutrendovi del suo originario splendore.

So…can you jack?