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Single Reviews /

Lory D Strange Days Vol 1, 2, 3

  • Label / Numbers.
  • Catalog / NMBRS13, NMBRS23, NMBRS38
  • Format / Vinyl
  • Released / 03/2015
  • Style / ,
  • Rating /
    9/101
lorystrange

Lory DDove geniali intuizioni e sperimentazioni libere diedero vita ad un suono tra i più innovativi e spregiudicati degli anni ’90, troviamo ora, a distanza di oltre venti anni, una consapevolezza progettuale che è il peso specifico delle nuove produzioni firmate da Lory D.
Non ha mai smesso di produrre, neanche quando rilasciava pochissimi ed ormai rari dischi, quel che stupisce, è che quell’intuito felino nel confezionare grooves non è mai venuto meno, anzi, dove prima interveniva una massiccia dose d’astrattismo, troviamo ora una macchina funk affilata che fa girare tutto alla perfezione, riuscendo a bilanciare ritmo, melodia e quell’autoctono timbro sonoro riconducibile solo e soltanto a lui.

Se le release pubblicate per la Wireblock hanno significato un ritorno alla pubblicazione che lasciasse intendere una certa assiduità, è con la Numbers. che Lory sembra aver trovato una dimensione stabile che speriamo possa condurlo a nuovi album, ma più in generale a molta nuova musica. Su Wireblock dicevamo, dove si è percepito subito il radicale cambio di rotta nella sua musica, un accento puntato su stesure più orientate al dancefloor con quel piglio acid sempre presente e con tutto quel grasso armamentario di bassi e tastiere da far impallidire flotte di produttorini dell’ultima ora.

Tra questi due blocchi principali di release hanno poi trovato posto due mine isolate, la prima pubblicata per la svizzera Sundance, “Plissken” che contiene il graffiante Edit di The Bank Robbery composto da John Carpenter insieme ad Alan Howarth, mentre la seconda è una controversa release pubblicata per la romana Soul Research, un single-side contenente il “brutto anatroccolo” della discografia dell’artista romano, un brano deep house basato su una melodia orientale che resta ad oggi il più grande punto interrogativo di una carriera luminosissima.

Ma arriviamo quindi alla saga degli Strange Days, finora sono tre i capitoli pubblicati, dicevamo, dalla label scozzese cui fa capo Jackmaster. Il primo numero (2011) vedeva due monoliti acid come Acidronix e Acid Prastix, autentiche orge di basslines e ritmi a cascata, con quegli intrecci vorticanti che rimbalzano alla perfezione sulla cadenza della cassa creando delle sintassi electrofunk innescate per far uscire di senno le gambe di chiunque si trovi a portata di vibrazione.

Nel secondo volume (2012) apre il roboante giro sintetico di B-I-132 Acid brano che scalda i motori innescando un “verme” nel cervello che rimanda proprio ad alcuni escamotage usati in live dall’uomo per annientare tutto in pista. Sulla B1 troviamo invece Acidattak, un autentico mostro techno/acid fuori da ogni logica attuale che è senza alcun dubbio uno dei più grandi brani techno degli ultimi anni. Un cerchio che si chiude, l’equilibrio perfetto tra groove e sperimentazione, un grande segno di maturità che torna a far scuola in un panorama techno sempre più attento alla forma e meno alla sostanza. Sempre sul secondo volume, il brano Ostia Girl, che per i meno accorti è un edit di un esilarante servizio giornalistico girato sul litorale laziale che trasuda romanità nel suo ludico, gioviale spirito e mette in mostra, in uno sketch lungo poco più di due minuti, una fiammata creativa derivante da qualcosa che è poco più di un gioco. Messaggio che sembra dire chiaramente alle persone di non prendersi troppo sul serio.

Il terzo volume è roba di questi giorni, in apertura grn-HF (con i nomi siamo in zona Apex Twin), una dimensione ovattata dove echi dub fanno da preambolo alla crescente, malinconica melodia che sciorina note in stato di grazia, il brano più morbido della serie. B-side con Acidspix e di nuovo siamo catapultati in quello stato di tensione agonistica che trova poi sfogo sotto i colpi delle sue batterie elettroniche.

A far ulteriore luce sulla sua musica, la recente esibizione al Boiler Room, in quel di Glasgow (attualmente la città nella quale si esibisce più volentieri), un ora abbondante di musica e tensione dove è stato lampante l’immenso divario, soprattutto di attitudine, che pone Lory come un punto imprescindibile al quale guardare per ridisegnare i confini della techno duramente bistrattati da 15 anni di “Berlino”.