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Single Reviews /

Various Lost Connection

  • Label / Tabernacle Records
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 11/2011
  • Style / ,
  • Rating /
    8/101
Lost Connection

Se non avete comperato i primi due Lost Trax forse è inutile andare avanti, se poi non vi siete mai imbattuti nella techno dei Connection Machine, men che mai. Un unione epica, quella tra due delle realtà più nascoste del circuito techno ed electro. Due nomi da pronunciare sottovoce, perchè è lontato dalla luce che hanno operato in tutto questo tempo.
Un piccolo passo indietro è però necessario per capire la portata di un vinile simile.

Jeroen Brandjes e Natasja Hagemeier iniziano a comporre musica nei primi anni ’90, inventandosi una personalissima forma di techno music decadente ed estremamente malincolica. I nomi di U-Trax, Planet-E e Down Low Music dovrebbero bastare a farvi capire la cifra in gioco ma per avere un assaggio ascoltatevi due brani come “Blue Genes Copyshop” e “Molly Is Autowarping”. The Connection Machine è un punto buio, non completamente rintracciabile, ma forse uno dei misteri techno europei più vicini all’essere eterni.

Nel 2006, in quel fantastico pianeta electro che è la SCSI-AV di Carl Finlow appare un primo vinile targato Lost Trax, meraviglia delle meraviglie. Si replica quattro anni dopo, nel 2010 con un secondo vinile che amplifica ulteriormente un suono che è la perfetta sintesi tra scientifica minuziosità ed emozioni straripanti, il tutto rapportato in una dimensione techno/electro con squisite derivazioni acid. Ma chi è Lost Trax? Mistero tenuto tale per lungo tempo, fin quando proprio lui non si è esposto rivelandosi e scoprendo di fatto un filo conduttore che a pensarci bene non poteva non essere tale. Magari questa parte della storia cercate di scoprirvela da soli…

Capite quindi la sorpresa nell’apprendere di questo lavoro pubblicato dall’ottima Tabernacle Records e diviso a metà tra i queste tre anime pure.

Ad aprire è proprio Lost Trax con “The Eye“ ed è di nuovo un immersione totale nelle atmosfere electro più sofisticate, suoni che dividono uno stato d’essere in bilico tra acquaticità e consistenza geometrica, un esperienza melodica che conferma in tutto il suo splendore i primi due dischi e tutta la valanga sonora che li ha preceduti.
“Pulp” esce un po’ fuori dagli schemi emotivi del suo suono, spostando l’indice in quella che è una direzione ferrea ed elettrica.

“The Forest” è il suono della notte, una musica densa ed atmosferica che mette in luce il lato più ambientale dell’electro, un nuovo caldo fiorire di synth e battiti con l’intento di far meditare.

The Connection Machine sulla b-side rilsciano un primo energico brano dalle coordinate synth/pop/wave. Un sunth grasso a trainare il ritmo corposo e le rifiniture metalliche, la voce soffocata in un trattamento estremo ed un sentore che grida molto al Belgio di fine anni ottanta.

Segue la techno fantascientifica di “Speel”, poco meno di tre minuti in un sogno sci-fi che apre voragini piene di ricordi.

Diciamolo, non sembrano al massimo ma sono sempre molto più di tutto il resto.

Poi scrivono un brano come “Keen (On Life)” ed allora dimentichi ogni (brutto?) pensiero tuffandoti in un suono che riconosci come qualcosa che hai sempre amato.

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