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Single Reviews /

Ian Martin Sleepwalker / Swamp Modulator

  • Label / Panzerkreuz
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 02/2013
  • Style /
  • Rating /
    10/101
Ian Martin

Ian Martin è l’uomo nero. Sin dal suo debutto su Bunker, quel gran disco che è stato Shadow Walker, era intuibile quanto la sua musica andasse a rapportarsi con l’ambient più oscura ed introspettiva nonostante il disco in più occasioni si affacciò alle porte del ritmo. Di li a breve fu la Strange Life di Legowelt ad ospitare secondo album, Defused Night, questa volta ad aprirsi erano atmosfere cinematiche che molto ereditavano dalle vecchie colonne sonore horror.

Il tempo ci ha poi trascinati lungo le rive della Furher Records dove prima con Intensions, poi con Mechanical Rain l’uomo si spinse ancor più in profondità sondando le molteplici possibilità del suono ambient, che lui riesce a scrivere in maniera fluida alternandosi tra memorie retrò e soluzioni contemporanee.

Altro progetto senza dubbio degno di nota è quello condiviso con l’amico Roberto Auser, quel Kaval che rimane un album imprescindibile per gli amanti del genere.

Ian Martin torna ora con 2 Ep su Bunker Records pubblicati in contemporanea, parliamo di Sleepwalker e Swamp Modulator. Inutile girarci troppo intorno, l’artista in questi due lavori è forse riuscito ad esprimere in maniera completamente esaustiva la sua cifra stilistica, regalandoci due altissimi esempi di ambient music con un’anima sincera ed un approccio ottimista e futuristico.

I brani, totalmente untitled, ci raccontano di un suono caldo, emozionante, che non si priva di alcuna sfaccettatura sonora, dai metalli alle bolle liquide, passando per droni magnetici ed elettricità scintillante. Ogni brano segue una visione ben precisa che sembra descrivere città oppresse, stati d’animo travagliati ed allo stesso tempo rinnovata speranza. C’è qualcosa di ipnotico e paranoico in questa musica, una serie di segnali ultra-terreni che completano un insieme che comunque riserva un piccolo spazio anche per i ricordi, per una malcelata nostalgia di certa ambient degli anni ’90 che qui conserva riferimenti appena accennati ma sufficienti a farci capire quanto Ian Martin cerchi questo collegamento tra passato e presente.

Presi insieme danno vita al miglior lavoro mai pubblicato da questo sottovalutato artista.

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