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Single Reviews /

Ricardo Donoso As Iron Sharpens Iron, One Verse Sharpens Another

  • Label / Digitalis Recordings
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 11/2013
  • Style / ,
  • Rating /
    10/101
Ricardo Donoso – As Iron Sharpens Iron, One Verse Sharpens Another

A poco più di un anno di distanza dal suo clamoroso Assimilating The Shadow, torna il compositore brasiliano trapiantato a Boston Ricardo Donoso.
Sintetizzatori, arpeggiatori e un ipnotismo vorticoso sono ancora ingredienti e protagonisti delle sue visioni, nonostante in qualche modo, rispetto alle prove precedenti, qualcosa sembri essere cambiato. Almeno da Progress Chance in poi, se si considera Zerovinteum come un esordio ultrasperimentale e ancora interlocutorio. Secondo consuetudine Donoso pubblica il nuovo EP su Digitalis, che nel frattempo per il 2013 ha collezionato un’ampia varietà di ulteriori uscite formidabili (Basic House, Prostitutes, la ristampa vinilica della release di Ü di Joel Brindefalk, tra gli altri…).

Fino a qualche tempo fa il rischio di pensare a Donoso come ad un ennesimo allievo della scuola Boards of Canada, assieme a The Sight Below o Tycho, pur nella eventuale diversità di deriva, poteva anche palesarsi. Con loro condivideva l’atmosfera generalmente trasognata e l’interpretazione del dancefloor in una chiave atipica, dove il trasporto collettivo arrivava più da una condivisione emotiva dell’ascolto che da un impulso propriamente fisico. In un certo senso questo non è cambiato affatto, Donoso continua a comporre più o meno beatless o, meglio ancora, kickless, vista la invece travolgente complessità ritmico-metrica dei suoi brani. Ma pare essersi spostata anche se di poco, maggiormente in direzione della propria unicità, la sfera emotiva, il mood.

Donoso ancora è andato avanti nella determinazione delle proprie scelte. Il sound in qualche sua manifestazione è in più scuro, meno dreamy: in un raro equilibrio nel quale nessuno degli aspetti specifici del suo discorso viene lasciato cadere. Nelle parti più dilatate il taglio quasi lynchano lo accosta ad altri nomi intriganti, quali la recente incarnazione di Chartier in Pinkcourtesyphone. Per il resto il fortissimo nucleo trance, già presente negli standard donosiani, si esprime costantemente in perfetta compenetrazione con la poeticità a cui ci ha abituati. “The Sphinx” in tal senso è un capolavoro di psicomagia e ballabilità formalmente ineccepibile, come anche “The Redeemer Master” o “The Old Straight Track”, la mia favorita in assoluto, che è commovente tanto quanto travolgente da ascoltare in chiusura di un rave della mente. Non meno spirituale è “The Child Primative”, viaggio kosmische/ kraut che richiama in modo esplicito alla mente i Popol Vuh delle esplorazioni sudamericane di Herzog, fino alla conclusiva e drammatica “The Master Game”.

In sostanza se Donoso inizia a intraprendere sentieri meno luminosi, lo fa senza cadere in nessun cliché stantio e anzi inverando ancora di più la sua personale morning music. Perché ancora di questo si tratta, di una musica poco connotabile e poco vincolabile a tendenze o periodizzazioni di sorta. Rimane quello che è da sempre.
Musica per un’alba infinita.

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