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Single Reviews /

Vincent Floyd Moonlight Fantasy

  • Label / Rush Hour Recordings
  • Catalog / RHM 008
  • Format / Vinyl
  • Released / 12/2014
  • Style /
  • Rating /
    8/101
Vincent Floyd ‎– Moonlight Fantasy

Ho conosciuto la musica di Vincent Floyd quasi per caso, in un mio viaggio a New York riuscii a metter mano su Your Eyes, miracolosamente ripescato in un negozio d’abbigliamento nell’East Side Village allo stracciato prezzo di tre dollari tre.
Sono sempre stato un fan di certa Deep House dai toni celestiali, e questo di Floyd è un disco miracoloso per certi versi.

Una produzione esile la sua, una manciata di Ep distribuiti lungo un arco temporale che va dal ’90 al ’95, un suono onesto ed in linea con quel tempo, che nelle prime tre uscite è sicuramente più espressivo ed intimo, per poi rimanere coerente ed elegante ma forse meno incisivo.

A-2062-1417780577-8287.jpegVincent Floyd sparisce, non se ne hanno più notizie fin quanto la Rush Hour non riesce a metter mano sui diritti di Your Eyes per ristamparlo lo scorso anno. Collaborazione che chiarisce anche, in questa intervista realizzata proprio dal label manager Antal, il motivo della sua uscita di scena. Una cosa tanto terrena da far ragionare chiunque si getti a capofitto nella musica. Floyd deve mantenere la famiglia, ha bisogno di un reddito fisso, di un lavoro, per cui molla la musica e si trova un lavoro, permettendo alla sua famiglia di andare avanti.

L’intervista è realizzata a Chicago, dove Antal ha passato un breve periodo, occasione nella quale oltre ad ottenere i permessi per la ristampa di Your Eyes riesce a metter mano anche su una serie di brani mai pubblicati dall’artista che trovano ora forma in questo Ep intitolato Moonlight Fantasy pubblicato lo scorso mese.
Forse la definizione di Ep va un po stretta perché parliamo di sei brani tutti abbastanza lunghi che lo fanno somigliare più ad un album.

Un disco che per atmosfere si ricollega sicuramente a quel tris di release iniziali pubblicate su Resound e Dance Mania, deep house patinata e caratterizzata da grandi pad pieni di pathos. Manca sicuramente un ariete come Your Eyes, uno di quei brani che escono fuori una sola volta in qualsiasi carriera, ma lo spirito evocato è proprio quello di quei giorni in cui l’House era il nuovo verbo giunto a rapire cuori e menti, oltre a rinnovare un pensiero al quale è bene ricorrere di quando in quando, e cioè al fatto che quei giovani non ancora ventenni potessero chiudersi in una cantina, nella maggior parte dei casi senza aver mai ricevuto alcuna educazione musicale, e concepire brani che per cura, estro e coraggio sono lontani mille miglia dai risultati odierni, considerate le possibilità attuali di far musica ed il background quasi trentennale che i moderni generi dance cominciano ad avere.

Dawn Notes è proprio il centro di tutto quel che ho scritto prima, un campione vocale sussurrato e tramutato in tappeto magico, un ingresso di piano ad intonare una melodia semplice quanto incisiva ed il motore della 707 supportato da un rincalzo di percussioni, tutto tenuto insieme con nativa ingenuità.
Imaginary Voyage è forse il brano più bello del disco, perché oltre a mantenere intatte tutte le qualità del brano d’apertura introduce un gran lavoro sul basso ed una lirica riuscita, di facile recepimento, comunicativa e quel filo malinconica che non fa mai male.

Digital Sea affonda in un mare elettrificato con il suono della tastiera che sembra strappato ad una session jazz mentre il ritmo rallenta e si spezza creando di fatto un fiore balearic in piena luminescenza. Frozen Tundra nasconde un bel basso rotondo dentro un ritmo tropicale che lascia poi spazio ad una melodia al solito semplicissima, 3 note messe in fila, ma è tutto in continua mutazione, alla fine del corridoio una nuova stanza sempre piacevole ed accogliente.

Manca forse l’impeto della musica di Chicago, ma la selezione è stata fatta scandagliando un centinaio di brani, quindi il mood proposto è sicuramente voluto. Una bella operazione, musica immortale.