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Single Reviews /

Jay Daniel School Dance EP

  • Label / Watusi High
  • Catalog / WAT-001
  • Format / Vinyl
  • Released / 05/2015
  • Style /
  • Rating /
    8/101
Jay Daniel - School Dance EP 300x300

Il centrino è a righe orizzontali. La grafia semplice. Uno studente è ritratto sull’altro lato. “School Dance EP” (2015) di Jay Daniel non è, però, un disco scarabocchiato da nascondere sotto il banco, ma la prima release della sua label, chiamata Watusi High. L’ultimo dei talenti della Detroit più inspirata, figlio di Naomi Daniel, porta così a compimento un suo piccolo sogno.

L’etichetta appare destinata a trasformarsi in contenitore di musica per sé stesso e i suoi amici. Il produttore sembra avere le idee chiare, con carriera in continuo crescendo tra un 12”, “Scorpio Rising” (2013) per la Sound Signature di Theo Parrish, e il primo lavoro espanso, “Karmatic Equations” (2014), sulla Wild Oats dell’amico Kyle Hall. Il proprio sound ancora in evoluzione.

Oggi ascolto soprattutto jazz, perché ho la sensazione che questo sia il genere più influente nel mondo della musica. Tutto è derivato dal jazz e dal blues. Ad esempio Miles Davis, Herbie Hancock, Wendell Harrison, la Tribe Records, il jazz spirituale, roba del genere. All’inizio non mi era chiaro ciò, ma credo la si debba studiare come una sorta di flusso di coscienza.

L’impronta house è netta, evidente. Il retroterra techno ben più di una sfumatura. Il debutto al Movement Festival nel 2012, la serie di party Fundamentals, l’esperienza nella Boiler Room, le continue sortite oltreoceano e un’etichetta di ‘predestinato’ non particolarmente pesante. La maturità è dietro l’angolo per chi ha deciso di sostenere una causa musicale sin da giovanissimo.

Thank U Jay e Anything With A Moonroof gli ennesimi esperimenti in chiave deep. Due tracce dai toni torbidi, con numerosi scricchioli annessi e scanalature molto profonde. La prima scomposta in clap, snare, una gradevole bassline e un campione vocale che, ripetuto a oltranza non ne compromette l’ascolto. Pause ad hoc e inserti melodici ne migliorano la capacità complessiva.

La seconda presenta, invece, un incedere forse sonnacchioso, ma è solo apparenza, o colpa della mole di polvere accumulatasi su kick e hi-hat. All’inizio i sintetizzatori gracchiano, poi irradiano l’atmosfera tutta. Il calore aumenta poco alla volta, ma la traccia sfuma e s’interrompe proprio sul più bello. Non c’è, però, amaro in bocca. Solo tanta voglia di aspettare un’altra release così.