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Single Reviews /

Polysick Daydream

  • Label / audioMER.
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 03/2013
  • Style / ,
  • Rating /
    8/101
Polysick ‎– Daydream

Polysick cambia di nuovo strada, o meglio, conduce il suo suono in quello che possiamo definire il “next step”. Avevamo lasciato il solitario eroe romano ai fasti del bell’album rilasciato per la Planet Mu intitolato Digital Native e lo ritroviamo nella discografia dell’interessante audioMER. che ci aveva stupiti tempo fa con uno strampalato esperimento del sommo Hieroglyphic Being che prese il nome di Le Jardin Des Chemins Bifurquants.

Un album in tutto e per tutto, otto brani (quattro piuttosto brevi) che ci consegnano l’artista immerso in una visione acid che cova la lezione chicagoana più deep ma è nutrita anche dallo spirito tribale che già aveva messo in mostra con lo pseudonimo TheAwayTeam ed inoltre presenta dei tratti fortemente elettronici legati alle primigenie esternazioni di label come la Djax-Up-Beats.

Sul lato A troviamo un segmento intitolato “Twilight” e diviso in due parti.
“Part1”
è un’ intro con rumoristica varia a tessere un tappeto ambientale distorto che lascia intendere tanto un rito cerimoniale primitivo quanto oscure presenze da sci-fi era. Sensazioni che vengono riversate nella seconda parte in una dimensione dance dove bassline e batteria elettronica entrano in gioco in una struttura deep techno molto intima ed oscura. Una colonna sonora ad alta tecnologia che stimola corpo e mente sincronizzandoli in questo viaggio nell’ignoto.

“Citylights” è un ulteriore affondo nel tunnel acido, qui il ritmo è più pressante e la cadenza della bassline è ancor più distorta ed aliena. I BPM girano lenti, i synths intonano melodie acquatiche d’altri tempi, intorno sembra di scorgere i contorni di una città irreale.
“Haze” chiude i conti del primo lato con un’accordo celestiale che rotola incontaminato.

B-side in start perverso con la psichedelia plastica di “Blazer” seguita a ruota dai sette minuti deep di “Daydream”, un brano caldissimo che rimanda ad alcune esperienze house dei primi ’90 che in qualche maniera omaggiano quel mediterranean sound che ha segnato un’epoca. L’inserto vocale che entra nella metà del percorso rafforza il corpo caratterizzandone la struttura. Un must!
Poi due minuti untitled con una linea di basso circondata da sample ambientali che scortica lo stomaco ed uno spettrale brano finale che sembra raccontarci una Roma notturna, un’esplorazione solitaria e tanti intimi pensieri.

Ne vale, ancora una volta, la pena.

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