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Savant Artificial Dance

Artificial Dance

Il nome di Kerry Leimer è iniziato a circolare con insistenza dopo che la Rvng Intl. ha compilato quella splendida testimonianza sonora che è A Period Of Review (Original Recordings: 1975 – 1983), un disco che ha portato alla luce (sicuramente in tutta Europa, ma credo anche in gran parte degli Stati Uniti) il grande lavoro compositivo in ambito avantgarde/ambient di questo sperimentatore dell’area di Seattle. Discorso differente per il Giappone, florido mercato per i più grandi ricercatori musicali, come spesso accade infatti, la fiamma del “recupero archeologico” invade l’occidente dopo che alcuni dischi cominciano a passare per le mani di collezionisti e negozi del sol levante, dove il nome di Leimer era già ben impresso tra i mostri sacri dell’elettronica.

Kerry LeimerSempre per la Rvng Intl. viene ora pubblicato un nuovo documento che prende il nome di Artificial Dance ed è firmato da quello che a tutti gli effetti è stato un collettivo musicale capitanato da Leimer, ovvero i Savant. Un doppio vinile ricchissimo, perché contiene la ristampa integrale dell’unico album rilasciato dal gruppo nel 1983 ed intitolato The Neo-Realist (At Risk), l’Ep Stationary Dance ed altri brani rilasciati su varie compilation.

Dove Original Recordings… mostrava il lato puramente ambientale e melodico del lavoro di Leiber, questa nuova raccolta viene a raccontarci una musicalità differente, più tesa ed enigmatica, quasi cinematica verrebbe da dire, qui possiamo ascoltare musica ritmica, dove il movimento era improvvisazione ed input del corpo, sostanza più che forma. Anzi, la forma qui è totalmente lasciata al caso, perché l’impressione che deriva da questo lungo ascolto è quella di brani che possono vivere ognuno di vita propria, piccoli segmenti nei quali leggere di un periodo di grande ispirazione dove il collettivo era la forza e dove la musica era il risultato di una comune ricerca della libertà.

Artificial Dance è un caleidoscopico contenitore di suoni, tutto ribolle, cambia umore e colore in maniera piuttosto improvvisa, sono sessioni dove l’elettronica si fonde con l’acustica creando un output omogeneo di stili che possono a volte ricordare l’ambient, altre la new age, altre ancora l’industrial e l’electro e via così in mille altri mondi.
Un disco che sopra ogni cosa è un documento che lascia sbalorditi per le idee sprigionate in quegli anni, per la coesione ed il senso di appartenenza ad una propria scena, per il contributo assolutamente versatile di ognuno dei musicisti e per quel senso di astrazione totale che questa musica suggerisce.
Dovrebbero esser ascoltati nelle scuole certi dischi.