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Album Reviews /

Gigi Masin Talk To The Sea

  • Label / Music From Memory
  • Catalog / MFM 002
  • Format / Vinyl
  • Released / 2014
  • Style /
  • Rating /
    9.5/101
Talk To The Sea

Accadono strane cose in questo tempo, succede che sei nel 2014 e ti ritrovi ad acquistare un gran numero di dischi che hanno a che fare con il passato. La questione delle ristampe è sempre esistita, ma adesso sta vivendo una nuova fase, perché mentre in passato l’oggetto della ristampa era sempre quello di un titolo altisonante che aveva bisogno d’esser riproposto per correr dietro ad una domanda sempre viva e pressante (una normale routine di distribuzione quindi), ora le regole sono cambiate, tutto è estremamente parcellizzato e i grandi numeri, tranne per rare eccezioni, sono solo un lontano miraggio.

Il senso della ristampa, oggi, ha cambiato radicalmente significato. Ristampare ha assunto quella nobile ed intellettuale postura che se ben veicolata è un valore aggiunto per la cultura, specialmente, come sempre più spesso sta accadendo, se il fine è quello di riportare alla luce delle perle di incredibile valore che per un motivo o per un altro non hanno potuto godere dei giusti riconoscimenti al momento del parto.

Vinyls - Talk To The SeaNon conoscevo Gigi Masin, non ne avevo mai sentito parlare, e come me credo gran parte delle persone che aspettavano con ansia di sapere quale sarebbe stata la seconda pubblicazione della Music From Memory, dopo che quel commovente esordio con il quale hanno dato nuova vita ad un rarissimo disco del 1980 di Leon Lowman aveva rapito non pochi cuori.

La Music From Memory è un piccolo anfratto dietro il quale si cela uno dei Dj e collezionisti più schivi d’Europa, quel Tako Reyenga del quale in passato avevo passato ore ed ore a cercar di decifrare le tracklist dei podcast che puntualmente pubblicava in alcuni fortini della resistenza olandese. Non stupisce che un digger cosi accanito e maniacale sia venuto in possesso di un vecchio disco pubblicato nel 1986 a Venezia, in pochissime copie, completamente snobbato, totalmente dimenticato. Quel disco si intitola semplicemente Wind ed è stata una delle prime, se non la prima, fatica in studio di Gigi Masin.

Certe cose si riappropriano della loro vita soltanto dopo tanto tempo, questo è quello che vien da pensare, o forse, in maniera ancora più semplice, è l’atmosfera che ci avvolge in questi anni a far si che determinati dischi ci tornino in aiuto ricongiungendosi ad una luce da troppo tempo lontana.

“Molte delle problematiche non sono (solo) attuali, ma hanno radici lontane. La tecnologia di trent’anni fa era invece ben diversa, ma aveva un suono estremamente personale. Direi che musica e realtà in passato non convivevano nella stessa stanza, magari c’era una capacità di lettura più universale, politicizzata se vuoi, ma non per questo meno intensa e sincera. Molto di quello che leggo e ascolto ora mi sembra falso, il che non vuol dire che lo sia veramente, magari è solo il mio ‘sentire’ che avrebbe bisogno di nuove voci ed emozioni vere. Il mondo digitale odierno non è poi così freddo e antitetico rispetto al buon vecchio mondo analogico di qualche tempo fa. Diciamo che io continuo a credere nelle persone e continuo a dubitare degli ideali scritti in maiuscolo su Facebook.” Gigi Masin

Talk To The Sea, viene pubblicato in un elegante gatefold disegnato dallo studio londinese Commission, e contiene due vinili di musica ambient fieri di una bellezza che finalmente è tornata a scolpire il volto del nostro tempo.

Il pugno nello stomaco arriva subito, non appena la puntina incrocia il solco iniziale di Snake Theory, un dramma ambientale nel quale dopo un intro eterea e ricca di tensione entrano delle note di piano che giocano tiri incrociati con il cantato grave e profondo. Se voleva essere un biglietto da visita, questo ha aperto tutte le porte.

The World Of Love affonda il secondo montante ed in otto abbondanti minuti ci ricorda quanto bella sa essere la musica ambient e quanto diversa da ora era l’attitudine nel comporre brani negli anni in cui la tecnologia assorbiva tempo, sforzi e dedizione.

“La maggior parte dei suoni registrati negli anni ’80 venivano da una semplice tastiera Korg Poly 800 che avevo riprogrammato, nonché da nastri rallentati o ‘cuciti’ in loop.”

E vien quasi da sorridere se si pensa che quelli, per certi versi legati alla musica strumentale d’ascolto, erano gli anni in cui era la New Age il nuovo verbo, e qui torno serio, perché in questo Gigi Masin ha posto con largo anticipo una pietra su quella che è stata poi l’epopea ambientale britannica (ma non solo) degli anni ’90.

gigi-masinLe suggestioni dell’album regalano ovunque grandi momenti di distensione, è un sentimento pacifico quello che Masin ha voluto trasporre in questa musica, come nelle raggianti lande di Fata Morgana un gioiello illuminato dal tiepido sole balearico mentre un leggero ritmo percussivo accompagna il battito del cuore nella sua salita emotiva.

Se questa (come ci riportano le parole di Masin) è opera di una tastiera e di un “frugale” taglia e cuci, non possiamo non andar ad evidenziare il talento, la visione e l’idea che in maniera pressoché perfetta è riuscita a tramutarsi in suono.

Ed anche quando torna ad utilizzare la voce, in un brano incredibilmente poetico come Call Me, è evidente come questo musicista fosse nel vivo di un viaggio personale infuocato ma supportato da grandissime capacità compositive che sembra assurdo non siano state accolte con entusiasmo in quel lontano decennio.

“Oggi ne sorrido, ma nel 1986 pensavo seriamente che il mio primo disco sarebbe stato anche l’ultimo. In verità nel mio paese non è cambiato di una virgola l’atteggiamento di indifferenza verso quei musicisti o compositori che cercano (nel bene/nel male) una strada diversa dal mainstream esterofilo e americanista tipicamente italiano. Può succedere che il tuo vinile sia quello più venduto in Europa e nessuno ne parli, ma appena sbarca in Italia il solito trio post punk dal Nebraska, titoloni e pagine intere.”

Talk To The Sea è un disco caduto dal cielo al momento giusto per controbilanciare la perdita di creatività che ha progressivamente svuotato la scena ambient recente spostando di nuovo l’ago della bilancia verso un’esigenza semplice quanto troppo spesso dimenticata, quella di tornare ad emozionarsi.