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Byetone Death Of A Typographer

Byetone

L’inarrestabile furia della Raster-Noton, che dopo un breve periodo di appannaggio dovuto, forse, alla ridondante proposta sperimentale monotona ed assai poco propositiva, ritrova l’antico splendore supportando una rinnovata linea musicale ri-partita, secondo noi, dall’album di “Senking” dello scorso anno, quel “List” che ha scosso la nostra immaginazione con un’avveniristica proposta musicale fatta di episodi tratti da soundtrack horror, guizzi disco e techno raffinata, ovviamente filtrati in quel tritacarne sintetico che è il suono della Raster-Noton.

Ora però la label tedesca riprende a fare veramente sul serio, al punto da farci considerare ogni uscita di questo anno realmente imprescindibile. 

Dopo la stupenda prova di Ryoji Ikeda, infatti, segue questo capolavoro di Byetone, il nuovo Alva Noto ed il nuovo Kanding Ray, tutti di qualità eccellente.

Ma torniamo a noi. Olaf Bender, in arte Byetone, lavora suoni minimali altamente definiti da un decennio a questa parte, e può ormai essere considerato un vero artigiano del minimalismo sonoro. Questo nuovo lavoro esce anticipato da un singolo travolgente come “Plastic Star”, uscito in edizione limitata con remix nientemeno che di Sleeparchive, Alva Noto e Ingmar Koch (metà Air Liquide e Jammin’ Unit), ed un’autentica perla sonora che segue un filo conduttore fatto di tensione estrema, rumorismo geometrico e sincopate divagazioni techno di sopraffina manifattura.

Potrete avere prova concreta delle sue capacità compositivo/ritmiche balzando direttamente alla traccia numero 8 dal programmatico nome “Grand Style”. Una furia cieca dentro invisibili barriere di suoni affilatissimi e programmazioni ritmiche travolgenti.

Ma “Death of a Typhographer” colpisce sin dalla brevissima intro d’apertura che fa da preludio alla distruttiva “Plastic Star” ed alla seguente “Straight” dalle dinamiche quasi dubstep.
Nulla è lasciato al caso, e la cura del dettaglio è forse ciò che rende l’album unico nella sua essenza ritmica. Dettagli inseriti nel contesto in maniera assolutamente naturale, microsuoni che rendono il loro splendore in track come “Rocky (Soft)” o la conclusiva “Heart”, o ancora particolari sonori che creano suggestive, drammatiche melodie in segmenti come “Black is Back”  o le due “Capture This”.

”Death of a Typhographer” assume i connotati di un peso massimo della scuola elettronica minimale, collocandosi tra i migliori dischi ascoltati in questo anno ricco di grande musica elettronica.

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