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Oyaarss Bads

Oyaarss - Bads

Questo disco è sconvolgente. Una sorpresa di eccezionale valore, ma sicuramente non per tutti i palati.
Bads è il lavoro di esordio di un artista proveniente dalla lontana Lettonia, e sembra essere più una dichiarazione di guerra che una presentazione.
Attraverso 10 brani pesanti come il piombo, confezionati ad arte, prende da parte l’ascoltatore e racconta una storia cupa, violenta, solitaria, intensa e disperata, cosa che viene lasciato intendere anche dal titolo, che in lettone significa pressapoco “rabbia” o “rancore”. Nelle note di rilascio si sottolinea come, nell’affrontare la copertina del disco, Oyaarss (non ci è dato conoscerne il vero nome) abbia specificato che “funzionerebbe molto meglio se ci fosse un immagine senza alcuna traccia di umanità”. C’è da dire che se la fotografia scelta corrisponde a questo requisito, la musica amplifica questa volontà fino a livelli estremi.

L’intero disco è incentrato su un linguaggio fortemente influenzato dalla musica industrial di matrice Ant-Zen, ma dal sapore molto meno meccanico e robotico, mista ad un sapiente uso dell’ambient e della cadenza dubstep. Beats potentissimi, distorti e rugginosi accompagnano la costruzione di ritmi molto ben studiati ed articolati, fatti di sincopi, accenti e silenzi.
Tutto quanto è distorto: non solo i singoli suoni, ma persino la struttura stessa dei brani.
Eppure, allo stesso tempo, tutto è straordinariamente equilibrato. Il grande colpo di genio di questo artista è stato nel saper amalgamare tutti questi elementi senza mai sforare nella retorica, fatto invece comune a buona parte dei musicisti industrial che navigano nella sfera della musica elettronica dark – gotica, dove la povertà del lavoro è spesso sopperita dall’immaginario che li accompagna.
Per Bads è diverso. Paradossalmente, volendo dipingere un affresco di desolazione, freddo e abbandono, il musicista ha lasciato trasparire l’impronta più profonda del proprio io. Non è un controsenso: è lo stato dell’arte della composizione, in cui l’opera non descrive solo sé stessa ma anche e soprattutto la realtà di chi l’ha composta.

L’unico motivo per cui non si può definirlo un capolavoro è forse il fatto che si tratta comunque di un disco non semplice, e che per questo mira ad un pubblico estremamente consapevole e mirato, che sia disposto ad abbandonare territori di ascolto comodi e che voglia mettersi in gioco. Forse Oyaarss poteva essere un po’ più sintetico ed aggiungere qualche altro dettaglio che, mancando, lascia la sensazione di aver sfiorato di poco un centro perfetto.

Nonostante ciò, resta un lavoro di grande perizia, che deve entrare in possesso di chiunque voglia sperimentare l’incredibile ricchezza che può nasce da un uso sapiente dei suoni distorti e gravi tipici dell’industrial.

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