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Wardrobe Memories The Lodge

  • Label / Shhhh
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / Ottobre 2011
  • Style / ,
  • Rating /
    9/101
Wardrobe Memories - The Lodge

Neanche un mese fà vi parlavamo dell’esordio della Shhhh records ad opera di Dj Bluff, nome dietro cui si cela il produttore tedesco Turgut Kocer, un’esordio brillante quanto intenso, due brani di techno profonda ed ispirata, un percorso a capo chino nel ritmo e nella riflessione.

Esce ora il secondo capitolo per l’etichetta tedesca, sempre ad opera di Kocer, che in questa occasione rispolvera un suo vecchio nome: Wardrobe Memories, con il quale in passato aveva fornito assaggi di elettronica sperimentale distante mille miglia dal dancefloor.
Non è più così, o perlomeno in questo caso. Ad accoglierci infatti è di nuovo la techno, un percorso che va a collegarsi direttamente all’apertura di Bluff, scandendo sin da subito i battiti con la techno infetta di “Open Doors”, una cassa glitchata a segnare il ritmo di un’ disturbato raggio sonoro arricchito su tutta la stesura di micro frammenti metallici.
Nelle ripartenze, al momento sembra non aver rivali, soprattutto per quelle pause sfalsate e felicemente disturbate dai suoi tetri tagli vocali che anticipano di un nulla l’avvento della nuova cassa, sempre pronta a distruggere i dancefloor più affamati.

Il secondo brano, “Caesium” è totalmente incentrato su uno sporco giro ritmico e ricoperto da palate di terra a grana fine, un manto che toglie il respiro e ne soffoca anche il consueto apporto vocale che assume così un distorto effetto robotico. A risaltare in questa occasione sono le note del piano che di tanto in tanto riescono ad emergere, ma è dura, è una lotta estenuante.
“Volatile” mette in gioco un mood ipnotico assolutamente destabilizzante, con quella tensione elettrica lasciata in sottofondo ad interessare il brano per tutta la lunghezza, anche qui la voce (ormai elemento caratterizzante della musica dell’uomo) e di nuovo il piano, questa volta più complesso, un’intreccio di note magico che unito agli altri elementi del brano ne decreta lo status di magico.

“Composite” porta in superficie una serie di spettri rimasti nascosti per tempo, continuando il discorso techno in ottica minimale ma ricco di dettagli e rifinito in ogni sfumatura.

“Cooper Storms” è uno strano volo d’insetti, una stesura ambient che via via si addensa fino all’ingresso delle percussioni tribali che si impossessano della scena diventandone al contempo struttura portante.
“Cross Hatch” racconta una storia strana, una partenza in sordina, col ritmo che fatica a partire, poi un crescendo di metalli e chitarre a tracciare una strada lontana dalla melodia, l’assestamento in una linea retta che scivola liscia fino alla fine.

“Tom” sembra riprendere da quella linea lasciata sospesa introducendosi con uno vocal appena effettato e salendo di intensità fino ad entrare in una dimensione techno corrosiva che ti entra dentro per rivoltarti le budella.

Che dire, un altro centro che sarebbe bello poter ballare nel vostro club preferito.

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