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Timeless Beats /

Ennio Morricone Il Gatto A Nove Code

  • Label / Dagored
  • Catalog / Red 111-2
  • Format / CD
  • Released / 04/2000
  • Style / ,
  • Rating /
    9/101
Il gatto a nove code
  • ITALIANO
  • ENGLISH VERSION

Nell’antichità, nove lacci di corda annodati laceravano le carni dei condannati. Quarantaquattro anni fa, nove erano le piste da seguire per risolvere il caso ordito dalle menti di Dario Argento e degli sceneggiatori Dardano Sacchetti e Luigi Collo. “Il Gatto A Nove Code” (1971) deve il suo titolo a una stuzzicante similitudine tra l’omonimo mezzo di tortura utilizzato durante le flagellazioni e l’intreccio delle indagini al centro del film. Un espediente nominale già utilizzato con successo per “L’Uccello Dalle Piume Di Cristallo” (1970) e, pochi mesi dopo, per “4 Mosche Di Velluto Grigio” (1971), rispettivamente prima e terza pellicola della ‘trilogia zoonomica’, apripista del breve filone italico dei giallo-thriller ‘degli animali’, con esempi del calibro di “Una Lucertola Con La Pelle Di Donna” (1971) di Lucio Fulci o “La Tarantola Dal Ventre Nero” (1971) di Paolo Cavara, fino a “Il Gatto Dagli Occhi Di Giada” (1977) di Antonio Bido.

La seconda prova dietro alla cinepresa per il regista romano ha come protagonista della sua intricata trama Arnò, un non vedente appassionato di enigmistica che, passeggiando una sera con la sua nipotina Lori, ascolta involontariamente uno spezzone di una strana conversazione tra due individui seduti dentro un’auto parcheggiata davanti all’Istituto Terzi, che compie ricerche genetiche. Il giorno seguente, un ricercatore, che lavora a una formula in grado di stabilire dai cromosomi il potenziale criminale di ogni essere umano, è spinto sotto un treno da un individuo affetto dalla ‘malformazione cromosomica criminale’ che aveva iniziato a ricattare. Arnò, con l’aiuto di un amico giornalista, Giordani, inizia così una sua personale indagine, mentre l’omicida continua a eliminare tutti quelli che potrebbero portare alla sua identificazione, fino alla sua disperata fuga sui tetti, con annessa colluttazione e caduta nella tromba dell’ascensore.

Sul set del film precedente avevamo scelto una persona della troupe che interpretasse i gesti compiuti dall’assassino – è l’aneddoto descritto dal regista all’interno della sua recente biografia, “Paura” (2014) – così noi non lo avremmo ripreso in volto e in scena sarebbero comparse solo le sue mani. Avrebbe dovuto indossare un paio di guanti in pelle nera, in modo che non fosse chiaro nemmeno il sesso, e di volta in volta colpire con il pugnale, strozzare, strappare un vestito. Mi accorsi però che i movimento con cui fingeva di accoltellare le vittime erano sbagliati: la gestualità era goffa, incerta (…). Con foga simulai la brutalità necessaria a uccidere un essere umano. Tutti applaudirono e mi dissero scherzando che avrei dovuto essere io a interpretare quella parte. Il giorno in cui lo feci sul serio davanti all’obiettivo, mi resi conto che era vero: avevo una predisposizione naturale per mimare la morte.

Per ampliare e caratterizzare ancora di più il proprio modo d’intendere il ‘cinema della paura’, Dario Argento ricorre in primis a un’idea semplice ma d’impatto, cioè il gene che trasforma in criminali sanguinari dei comuni cittadini. La sceneggiatura è ricca di suspense e presenta dialoghi piacevoli, alcuni forse futili in apparenza, ma efficaci per i personaggi, tutti ben delineati, dalle inflessioni dialettali molto accentuate, come il barbiere siciliano, il fotografo romano, il ladro ligure, così come il vice-commissario che si perde nei racconti riguardanti le doti culinarie della moglie. Un particolare cenno merita anche il montaggio a cura di Franco Fraticelli, collaboratore del regista in più pellicole, interessante perché, in alcuni punti, anticipa con pochi fotogrammi la scena successiva conservando l’audio della precedente, una tecnica tipica di quegli anni che riporta alla mente quanto realizzato in “Easy Rider” (1969) di e con Dennis Hopper.

Non mancano gli intermezzi gotici, come l’apertura della tomba di Bianca, una delle vittime dell’assassino, il cui nome era scritto in un foglietto di carta contenuto in un orologio custodito nel feretro per volontà dei genitori della defunta. La tensione cresce anche grazie alla minuziosa cura delle luci e dei particolari, affatto lasciati al caso. Infine, ottima prova da parte del cast, con Karl Malden eccellente nella parte dell’enigmista cieco; James Franciscus nei panni del giornalista; Tino Carrarro e Catherine Spaak sono i coniugi Terzi; Pier Paolo Capponi è il commissario Spini; Cinzia De Carolis è la piccola Lori; Vittorio Congia il fotoreporter; mentre Aldo Reggiani, Horst Frank, Carlo Alighiero, Emilio Marchesini e il caratterista per eccellenza, Tom Felleghy, sono i dottori dell’istituto Terzi. L’altra innovazione introdotta da Dario Argento, futuro marchio di fabbrica, è la soggettiva attraverso gli occhi, di solito accompagnata anche da un sound ad hoc.

È un accorgimento che fa sì che lo spettatore si trovi catapultato nel delirante mondo del killer, praticamente costretto a identificarsi con un personaggio di cui non conosce nulla, il che suscita un senso di straniamento, alla stregua di una perdita d’identità. Il regista, poi, è abile nel mostrare sempre meno del suo assassino, una figura vestita di nero, ricorrendo all’inserimento del dettaglio della sua pupilla dilatata, nell’atto di spiare la vittima, per arricchire un clima morboso, dominato da un’altra partitura audace di Ennio Morricone. Il maestro è autore anche delle musiche de “L’Uccello Dalle Piume Di Cristallo” e “4 Mosche Di Velluto Grigio”, per una collaborazione con il regista, interrotta a causa di un’incomprensione con suo padre Salvatore Argento, che riprenderà molti anni dopo per “La Sindrome Di Stendhal” (1996) e “Il Fantasma Dell’Opera” (1998). Per la colonna sonora de “Il Gatto A Nove Code”, il compositore ricorre ancora a soluzioni moderne, come nel primo fortunato capitolo della ‘trilogia zoonomica’.

Da un punto di vista propriamente stilistico, si tratta di una decina di tracce simili alle precedenti, sebbene ora contraddistinte da un crescente incedere dell’elemento percussivo e da un lento abbandono della tecnica aleatoria, a favore di una più congrua organizzazione delle varie dissonanze. Se la prima soundtrack si era rivelata ostica, anche se perfettamente sovrapponibile alle immagini della pellicola, qui il Maestro si spinge oltre, realizzando una vera e propria sonorizzazione avanguardistica, le cui linee guida sono costituite in gran parte da poche, essenziali e grottesche linee di basso. Del resto, sono gli anni più fecondi per il Gruppo Di Improvvisazione Nuova Consonanza, in cui il compositore suona la tromba, e il profluvio di gialli e thriller ‘all’italiana’ o ‘alla Dario Argento’, specie se a basso budget, costituiscono un ottimo terreno su cui espandere una ricerca musicale apparentemente senza confini.

Agli ingressi improvvisi e alle derive ritmiche dello score de “L’Uccello Dalle Piume Di Cristallo”, partitura che riflette psicosi sonore nel tessuto filmico, si sostituisce, quindi, la compattezza di un approccio basato non più su singoli frammenti, ma sulla continuità di distorsioni ed evocazioni, fiati scordati e lamenti per dar luogo a un sentore di angoscia sottopelle. Come molte altre colonne sonore di quel periodo, “Il Gatto A Nove Code” ha dovuto attendere parecchi anni prima di essere stampato in cd su Point Records e GDM, prima della ristampa in vinile dell’AMS. In apertura dell’edizione cd della Dagored, la delicatezza allo stato puro di Ninna Nanna In Blu (Titoli), una cantilena creata per commentare il rapporto affettuoso che lega il protagonista Arnò alla nipotina Lori. Attimi di relax prima di 1970, atipica suite di otto minuti, dove il basso elettrico, il flauto e la voce di Edda Dell’Orso s’insinuano poco a volta, generando un effetto ipnotico.

Dalle dissonanze in serie di Sottintesi al concentrato di paranoia di Parabola Del Paradosso: brani di breve durata per rimarcare i momenti più inquietanti della pellicola, tra gli omicidi del folle e i suoi movimenti. Se Paranoia Prima, presa in prestito da Quentin Tarantino in “Grindhouse” (2007), cristallizza il tempo con una manciata di accordi di chitarra e sinfonie di flauto, oltre alcuni rumori di sottofondo, Paranoia Seconda incute più timore, con movimenti di basso e batteria. In scia Dissociazione e Dissociazione Seconda, che riprendono in parte lo schema sonoro delle due precedenti tracce: minimale la prima, leggermente più ritmata la seconda per accompagnare i pericoli e rischi vissuti dai personaggi. Pur ridotta all’essenziale, Passeggiata Notturna (Movie Version) è superba, specie se riascoltata nella lunga sequenza di notte al cimitero. Simile Metafora Finale, ma con nuove dosi brusii associati alla sensuale voce di Edda Dell’Orso.

Notevole Placcaggio: buon ritmo di basso e batteria, con urla disumane e tromba dissonante, per culminare in un delirio di archi spezzettato da pause sospese. Il tema è particolarmente adeguato a commento della sequenza finale in cui l’assassino, ormai braccato, tenta la fuga disperata sul tetto del palazzo. Infine, Passeggiata Notturna (Original Single Version) e tre bonus track precedentemente non rilasciate: Placcaggio (Alternate Version), Il Gatto A Nove Code (Movie Takes Suite) e la stridente Ninna Nanna In Blu (Movie Takes Variations). Per rimarcare il carattere irregolare e schizofrenico della pellicola, la title-track, con cambi di tempo e ritmo improvvisi, offre così in chiusura gli ultimi sospiri e tonfi, le ultime urla lancinanti e distorsioni. Climax ansiogeno e punto di partenza per la nuova generazione di compositori dell’epoca e per chiunque si avvicini al periodo d’oro della colonna sonora bianca, rossa e… Morricone.

In ancient times, nine knotted rope laces tore the flesh of the condemned. Forty-four years ago, nine were the tracks to follow to solve the case warp by the minds of Dario Argento and screenwriters Dardano Sacchetti and Luigi Collo. “The Cat O’ Nine Tails” (1971) owes its title to a tantalizing similarity between the eponymous mean of torture used during the flagellation and the interweaving of the investigation at the center of the movie. A nominal expedient already used with success for “The Bird With The Crystal Plumage” (1970) and, a few months later, for “Four Flies On Grey Velvet” (1971), respectively the first and third film of the ‘animal trilogy’, dozers the short serie of Italian ‘animal’ giallo-thriller, with examples of the caliber of “A Lizard In A Woman’s Skin” (1971) by Lucio Fulci or “Black Belly Of The Tarantula” (1971) by Paolo Cavara, up to “Watch Me When I Kill” (1977) by Antonio Bido.

The second time behind the camera for the Roman director gets as protagonist of its intricate plot Arnò, a blind fan of puzzles that, walking one evening with her granddaughter Lori, involuntarily listening to a piece of a strange conversation between two individuals sitting in a car parked in front of the Institute Terzi, who performs genetic research. The following day, a researcher who works for a formula which can determine the chromosomes the criminal potential of every human being, is pushed under a train from a person with the ‘criminal chromosomal defect’ that had begun to blackmail. Arnò, with the help of a journalist friend, Giordani, so begins his own investigation, while the murderer continues to eliminate all those that could lead to his identification, until his desperate escape over the rooftops, with adjoining scuffle and fall in elevator shaft.

On the previous movie set we had chosen a crew person who interpret the gestures made by the murderer – is the anecdote described by the director in his recent biography, “Paura” (2014) – so we do not would have record his face and on the scene would appear only his hands. He would have to wear a pair of black leather gloves, so that it was not clear even sex, and from time to time to strike with the knife, choking, tear a dress. But I realized that the movement by which he pretended to stab the victims were wrong: the gestures were awkward, uncertain (…). With eagerly I feigned the brutality needed to kill a human being. Everyone applauded and said jokingly to me that I should be the one to interpret that part. The day when I did it seriously before the camera, I realized that it was true: I had a natural inclination to mimic death.

To extend and still more precisely characterize the way of understanding the ‘fear filmography’, Dario Argento occurs primarily in a simple but impact idea, that is, the gene that turns ordinary citizens into bloodthirsty criminals. The script is full of suspense and features pleasant dialogues, some perhaps trivial in appearance, but effective for the characters, all well defined, very marked by dialect inflections, like the Sicilian barber, the Roman photographer, Ligurian thief, as well as the deputy-commissioner that is lost in the stories about the culinary talents of his wife. A special mention also deserves the mounting by Franco Fraticelli, director collaborator in more films, interesting because, in some places, with a few frames anticipates the next scene while maintaining the sound of the previous, a technique typical of those years that brings to mind what has been achieved in “Easy Rider” (1969) by and starring Dennis Hopper.

Do not miss the Gothic interludes, such as the opening of Bianca’s tomb, one of the killer’s victims, whose name was written on a sheet of paper content in a clock secured in the coffin by the will of the deceased parents. The tension is also growing thanks to the meticulous care of the lights and details, not left to chance. Finally, good performance by the cast, with excellent Karl Malden as the blind riddler; James Franciscus in the shoes of a journalist; Tino Carrarro and Catherine Spaak are spouses Terzi; Pier Paolo Capponi is commissioner Spini; Cinzia De Carolis is the small Lori; Vittorio Congia the photojournalist; while Aldo Reggiani, Horst Frank, Carlo Alighiero, Emilio Marchesini and character actor par excellence, Tom Felleghy, are the doctors of the institute Terzi. The other innovation introduced by Dario Argento, future trademark, is the subjective through the eyes, usually accompanied also by an ad hoc sound.

It’s a trick that makes the viewer catapulted into the delusional world of killers, virtually forced to identify with a character who does not know anything, which raises a sense of alienation, the same way as a loss of identity. The director, then, is proficient in showing more less of his murderess, a figure dressed in black, resorting to the inclusion of details of his dilated pupil, in the act of spying the victim, to enrich a morbid atmosphere, dominated by another bold score by Ennio Morricone. The Maestro is also the author of the music of “The Bird With The Crystal Plumage” and “Four Flies On Grey Velvet”, for a collaboration with the director, stopped due to a misunderstanding with his father Salvatore Argento, which will resume many years after for “The Stendhal Syndrome” (1996) and “The Phantom Of The Opera” (1998). For the “The Cat ‘O Nine Tails” soundtrack, the composer still uses modern solutions, as in the first chapter of the lucky ‘animal trilogy’.

From a properly stylistic point of view, it is a dozen tracks similar to the preceding, although now identified by an increasing pace percussive element and by a slow abandonment of the random technique, in favor of a more fair organization of the various dissonance. If the first soundtrack had proved tricky, even if perfectly comparable to the movie images, here the Maestro goes further, creating a real avant-garde sound, the guidelines of which consist largely of a few, essential and grotesque lines of bass. Moreover, are the most fruitful years for Gruppo Di Improvvisazione Nuova Consonanza, in which the composer plays the trumpet, and the flood of ‘Italian’ or ‘like Dario Argento’ giallo and thriller, especially if low budget, they provide an excellent field on which expand a seemingly boundless musical research.

To sudden inserts and rhythmic tendencies of “The Bird With The Crystal Plumage”, soundtrack which reflects sound psychosis in the movie tissue, replacing, therefore, the compactness of an approach based no longer on individual fragments, but on the continuity of distortions and evocations, forgotten horn and wailing to give rise to a hint of anguish under the skin. Like many other soundtracks of the time, “The Cat ‘O Nine Tails” had to wait several years before being printed in cd by Point Records and GDM, before AMS subsequent vinyl repress. Within Dagored cd edition, opener Ninna Nanna In Blu (Titoli) is a pure state delicacy pure, a chant created to comment the affectionate relationship between the protagonist Arnò and the granddaughter Lori. Relaxing moments before 1970 track, atypical eight-minute suite, where the bass guitar, the flute and the voice of Edda Dell’Orso creep little time, creating a mesmerizing effect.

The series of dissonances in the series of Sottintesi to paranoia concentrate of Parabola Del Paradosso: short tracks to mark the most disturbing moments of the film, among the crowds murder and his movements. If Paranoia Prima, borrowed from Quentin Tarantino in “Grindhouse” (2007), crystallizes the time with a handful of guitar chords and symphonies of flute, as well as some background noise, Paranoia Seconda inspires more fear, with low movements and drum. In the wake Dissociazione and Dissociazione Seconda, which take part in the sound pattern of the previous two tracks: the first minimal, the second slightly more upbeat to accompany the dangers and risks experienced by the characters. Although reduced to the essentials, Passeggiata Notturna (Movie Version) is superb, especially if played back in the long sequence of night cemetery. Metafora Finale is similar, but with new buzz doses associated with the sensual voice of Edda Dell’Orso.

Remarkable Placcaggio: good bass rhythm and drums, with inhuman screams and dissonant trumpet, culminating in a frenzy of fragmented arches suspended from breaks. The theme is particularly appropriate to comment the final sequence in which the murderess, now hunted, tried a desperate escape on the roof of the building. Finally, Passeggiata Notturna (Original Single Version) and three previously unreleased bonus track: Placcaggio (Alternate Version), The Cat ‘O Nine Tails (Movie Takes Suite) and the grinding Ninna Nanna In Blu (Movie Takes Variations). As a reminder of the irregular and schizophrenic film nature, the title-track, with sudden changes of tempo and rhythm, thus offers the last closing sighs and thumps, the last piercing screams and distortion. Climax anxiety-inducing and starting point for the new generation of composers and anyone approaching the golden age of the soundtrack colored by white, red and… Morricone.