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Filippo Diana Nemesi

Filippo Diana - Nemesi 300x300

Un neuroscienziato ha sintetizzato una proteina che amplifica le percezioni sensoriali. Nel tentativo di stabilire il giusto dosaggio, ha finito per trasformarsi egli stesso in cavia e, assumendone troppa, ne paga le conseguenze perché, rapidamente, la sua creazione in laboratorio lo conduce alla follia. “Nemesi” (2016), la seconda release del catalogo Kooaad Muzik, comincia così.

Affidata alle poche righe di un comunicato stampa scarno, ma perfettamente sincronizzato con la trama dell’album in miniatura firmato da Filippo Diana. Un autentico outsider. L’identità del produttore è avvolta nel mistero, eppure semina numerosi indizi della sua personalità artistica. L’intero impianto sonoro di “Nemesi” appare in linea con i tipici dettami propri di un sound veramente cinematografico.

L’aggettivo ‘vintage’ non è, però, l’unico da utilizzare come potenziale chiave di lettura. L’omaggio al John Carpenter di “1997: Fuga Da New York” (1981) quanto mai accorato. Gli incubi di celluloide sono qui tradotti con grande attenzione alla loro componente melodica. Il senso di straniamento un’altra costante. I rimandi Detroit techno sono altrettanto da non sottovalutare.

NemesiIl lato A è introdotto da Anatema, una traccia tanto breve quanto spessa, ideale per entrare nel complesso mood dell’opera. Ribollono le prime tensioni sullo sfondo. La seguente Neuroscienza contribuisce alla creazione di un clima di sospetti e sospettati. Il suo battito è lento, ma costante. Così come l’ipnosi. Una conseguenza inesorabile. Sintetizzatori tirati a lucido.

Anche le tastiere sono pronte al dialogo. Il crescendo allucinogeno di Nemesi Theme (Extended) il primo picco di un lavoro di ottima fattura, forse, soundtrack di un film mai realizzato. La cura di quei piccoli e lancinanti dettagli sonici fa la differenza. Nel frattempo, il brano sembra non esaurirsi mai, cresce ancora in altezza e mai in larghezza, con una chiusura da pelle d’oca.

Dopodiché, tra nuovi brividi e altre percussioni, Macchinazione assesta subito il colpo di grazia. I bassi e un ritmo più deciso i suoi punti di forza. Il lato B ribalta la precedente atmosfera cupa e sferragliante in pochi secondi, perché la corposa Sequenza Inseguimento è uno di quelle tracce serrate in odor di poliziottesco anni Settanta. Senza fronzoli.

All’ascoltatore concede una sola boccata d’aria una volta a metà del suo spedito incedere. L’Esperimento ribadisce e, soprattutto, mette, invece, in risalto quella vena sci-fi cara a Filippo Diana, in linea con il concept delineato in precedenza. Un frammento spoken word in testa, poi oscillazioni in serie. Il secondo picco di un disco sempre interessante coincide con l’ultimo brano, La Fine.

Le sue fondamenta poggiano su un field recording colmo dei tipici rumori urbani. Fruscii, un certo chiacchiericcio, alcune auto nel traffico. E una manciata di note delicate, per chiudere gli occhi e provare a dimenticare subito i brutti sogni. Echi electro. Clap e contorsioni. Una grandiosa conclusione per “Nemesi”. O un debutto tanto unico quanto raro.