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Album Reviews /

Ricardo Villalobos The Au Harem D’Archimede

  • Label / Perlon
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 2004
  • Style / ,
  • Rating /
    5/101

Finalmente il freddo che ti taglia in due, e finalmente il nuovo disco di Ricardo Villalobos!
Essendo un fan accanito di quel piccolo miracolo quale il precedente “Alcachofa”, ed avendolo ascoltato praticamente ovunque, quasi cominciavo a preoccuparmi dell’assenza di un suo nuovo disco, ed invece ecco che con mio sommo stupore lo vedo cadere tra le mie braccia, bello, nuovo, confezionato con un packaging che quasi lo farebbe passare inosservato, la sua grafica è infatti esile e minimale, sorretta solo dalla forza del nero e del verde scuri e decisi.
Ho ancora in mente una risposta rilasciata durante una delle sue interviste, nel quale dichiarava il desiderio di voler fare un disco pop, ed un pò di timore a dire il vero si era stanziato nella mia mente.
Nulla di tutto ciò!
Villalobos lavora molto sul concetto dell’ipnotismo, andando a concepire loop senza fine, fà tesoro delle esperienze e della forte crescita del fenomeno minimal, essendone anche uno dei maggiori artefici, collezionando un’invidiabile database sonoro nel quale ogni suono è limato ad arte.
Dopo la prima lunghissima intro, con una base ritmica costante e ponderata, unita ad interventi di chitarra brevissimi ma ben distinti, è la volta di “Serpentin”, e quì il nostro Villalobos ci dimostra di saperci fare anche con la tech house, ma la vera sorpresa arriva dalla traccia successiva, “Forallaseason”, è con gradita sorpresa infatti che questo autentico artigiano sonoro aggiunge ai suoi beat campioni di percussioni tribali affilati con maniacale precisione, inutile dirvi che mi riporta alla mente le gesta di un’altro grande artista quale Portable della background records, ma è degna riprova della versatilità di Villalobos. Con la successiva “Thèorème D’Archimède” la suite africana và a completarsi, 2 splendidi viaggi, ballabilissimi, colti e fascinosi. La prima differenza evidente rispetto ad “Alcachofa” è sicuramente la sperimentazione, unita ad un nuovo stato della materia che con mia somma soddisfazione noto essere liquido. Espressioni così alte di minimalismo mi mandano alla mente grandiose situazioni da club, in luoghi piccoli ed oscuri, ma con la prerogativa imprescindibile di un eccellente impianto di diffusione, senza il quale non si potrebbe godere in pieno delle molteplici sfaccettature che questo sound offre.
La sintesi perfetta di due strutture sonore apparentemente diverse quali quella di matrice nord europea e quella africana vengono a meraviglia assottigliate e rese magma nelle consecutive “Temenarc 1 e 2”.
Nelle due tracce di chiusura, Villalobos, si avvale della collaborazione di Cassy Britton, già collaboratrice di artisti quali Zombie Nation, Dave Carretta, Matthew Johnson ecc., e dopo un’introspettiva “Miami”, la voce esplode insieme al vostro impianto in “True to myself”. Difficile restare indifferenti di fronte a tale bravura, il ragazzo ci ha confermato a piene note di sapere il fato suo, riuscendo a correre in equilibrio su una rinnovata corrente minimalista a cui aggiungo l’appellativo di Intelligent.
Alzate il volume e chiudete le porte, fuori potrebbe fare molto freddo.

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