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Album Reviews /

Abe Duque Don’t Be So Mean

  • Label / Process Recordings
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / June 2009
  • Style / ,
  • Rating /
    10/101
Abe Duque

Torna il bastardo suono newyorkese di Abe Duque, la sua miscela sporca di techno, house e derive acid che da sempre caratterizza il profilo artistico di questo produttore che non esitiamo a definire monumentale.
Questa volta siamo in zona Process Recordings, interessante label che ci ha già stupiti con l’album “Music Components” di Rebotini.

Un album come al solito profondamente techno, dove l’eco soul non smette mai di vibrare e mantenere viva una musica che inizia a far tremare lo stomaco fino ad arrivare al cuore.
Già dal primo, programmatico brano “Life is so good to me”, entriamo in un tunnel tutto flash e synth graffianti che ci fa sprofondare nella notte più scura e selvaggia. Un torrente di ritmo che è soltanto un preambolo a quel che verrà.

Fari a scrutare la notte, di nuovo buio pesto, e dal basso sale un serpente acido che spazza via ogni certezza, bassline e martello, siamo già nel pieno dell’apocalisse “duquiana”: “Tonight is your answer”.
Duque è un genio in questo senso e la sua è pura magia, quando riesce ad amalgamare in questa maniera la durezza di un corpo acid alla ritmica di derivazione latina senza scalfire di un solo millimetro la corteccia del brano.

“Following my heart” è il primo dei featuring che poi rappresenteranno un importante mattone di quest’album. Alla voce Virginia Nacimento, per un impianto trance di proporzioni atomiche. Duque è ispiratissimo e questa volta punta l’indice verso il paradiso. Immaginate una solida carcassa in 4/4 e una serie di corone di suono fatte da organo, piano e synth, poi la voce di Virginia che interviene a singhiozzo con fare m(i)elodico. E’ estasi del suono, nuda e cruda.

A seguire ecco un classico “duquiano”, il featuring con Blake Baxter: “Wake Up” un brano diretto come un pugno nello stomaco, siamo in piena acid house mattanza e i mattatori sono delle autentiche belve assetate di sangue. Vorremmo piste in delirio quando viene sputata questa roba.
Puro suono underground, che scivola, nella parte centrale dell’album, in un gorgogliante downbeat analogico tutto calore ed accecanti bagliori improvvisi “Forever Untitled”, dopo aver ballato nel minimalismo atmosferico di “Getting There”, traccia composta a 4 mani con Gennaro Le Fosse.

Sul finire, un terremoto in bilico perfetto tra ambient citazionista e techno d’assalto: “Salute The Dawn”, omaggio ai fertili terreni degli anni ’90 che molto hanno dato alla formazione musicale di Duque.
Ed ancora Blake Baxter, in una parata conclusiva tutta tastiere e ritmo latino, una crocevia di suono che non può non far pensare alla techno. Un classico.

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