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La Morphine Records e l’Elefante Rosso

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Il Veneto ha sempre avuto buone storie da raccontare.

Nel bel mezzo della dilagante apatia culturale, che come melma in uno stagno ha sepolto ogni barlume vitale tra la fine dei novanta ed i primi del duemila relegando ogni avvenimento al risultato di spietati calcoli spese/ricavi, troviamo una luce diafana che a lungo ha lottato per emergere e ricevere il dovuto splendore.
Un etichetta discografica che ha rappresentato un disperato tentativo di instaurare un colloquio colto con il territorio, espandendo i propri orizzonti ad un club e ad idee fresche e vitali che oggi ci consentono di poter vantare una storia a suo tempo mal recepita.

A muovere le pedine di questa rivoluzione sotterranea un dj e produttore giunto in Italia dal vicino Libano: Rabih Beaini, che di quel periodo ricorda:

“Erano gli anni in cui suonando in giro per il Veneto, in locali anche abbastanza grandi, la vibra generale era tremendamente commerciale, non ci si riusciva ad esprimere in un modo più radicale. Un intervento underground era considerato troppo ingenuo, personale, e non consono al mercato locale della musica.”



Potete capire il disagio sociale di un uomo ispirato dal Jazz cosmico e dalla furia rivoluzionaria di Detroit.

“Sapevo che doveva succedere qualcosa di forte, di tagliente e pungente, serviva un rimedio, una cura per quella malattia chiamata non-conoscenza.”



Prese forma la Morphine Records, con l’intento di fuggire dalle politiche di promoters, label-manager e negozi di dischi per chiudersi in un mondo sotterraneo che potesse dar riparo da influenze esterne e favorire il germogliare di nuove idee, musica, collaborazioni. Due nomi: Rabih Beaini “Ra.H, Morphosis” e Stefano Boati “Ksoul” (uscito poco dopo dal progetto), una serie infinita di connessioni, dal Jazz spirituale e visionario di un mentore eterno come Sun Ra al mood lento e mentale del nuovo suono proveniente dalla Motor City ed accostabile a figure di culto come Theo Parrish ed Omar S.

“Il nome riflette proprio questa voglia di rimedio estremo, ultima spiaggia per il dolore. Morphine fu anche l’idea di chiudersi in un mondo sotterraneo, non dover più seguire le politiche interne dei promoters, label managers e negozi di dischi che proponevano solo progressive house inglese.”

Il suono della Morphine Records tornò a far parlare l’Italia a voce alta attraverso una serie di produzioni vive ed eccitanti, capaci di riattivare la mente.
Una serie di dischi incredibili siglati in primis da Rabih che attraverso il suo pseudonimo Morphosis riuscì a mettere a punto un ideale deep techno molto elettronico ed ipnotico immortalato in due sequenze mozzafiato come “Dark Myths Of Phoenicia – Part 1 e Part 2”, nello straordinario debutto con  “The Haunting Ep” ma soprattutto nel monolitico album “What Have We Learned” che ne ha consacrato il successo aprendogli le porte del mondo.
Entrare in contatto con la musica di Morphosis significa esser parte di una visione totalitaria dell’elettronica, che parte dall’ambient ed arriva alla techno più serrata regalandosi/ci magiche incursioni in territori industriali, forgiandosi ed impreziosendosi di influenze orientali, rapendoti in maniera totale.

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Parallelamente altre due grandi incarnazioni: 
Ra.H il suo progetto House che ci ha regalato squarci celestiali continuamente contaminati dalla psichedelia e da una visione aperta verso ogni contaminazione,

“Matteo Ruzzon aka Madteo: Tommaso Cappellato e Julian Jöckel mi parlavano con insistenza sempre maggiore di un tipo di Venezia che aveva delle tracce incredibili, quando finalmente ascoltai “Fall Of Justice” capii tutto.”

e la Upperground Orchestra, ensemble jazz attraversato dagli oscuri synth dell’uomo.

Fù proprio quel dodici pollici, “Fall Of Justice” a rivelare in pieno la potenza espressiva della sua musica, un nuovo suono che univa house, techno e psichedelia in un vortice unico capace di far volare via ogni certezza.
In quel vinile è anche contenuto un secondo brano, “Cheeky Herbs” che utilizzando dei “claps” molto semplici supporta una struttura ruvida e sotterranea divisa tra lussuria house e asperità techno.
Seguì un disco come “Time”, quattro brani essenziali per perdersi nello spazio infinito e nelle avventurose divagazioni free che fanno parte dell’espressività di un artista come Rabih.

Altra figura chiave dell’ascesa della Morphine è proprio quella di Matteo Ruzzon, talento cristallino fuggito dall’Italia per rifugiarsi nell’anonimato newyorkese, dove a contatto con la strada è riuscito ad assorbire un background comunicativo tra i più pregiati in circolazione.
Scovato proprio da Rabih su Myspace, Madteo compose un album di debutto intitolato “Memoria” che rimane uno degli esperimenti deep più illuminati di sempre.

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La Morphine ospitò anche dischi di artisti pregiati come  Hieroglyphic Being e Anthony Shake Shakir, teorici pari livello di Rabih che confezionarono due dischi pieni di groove alieni, house ed acid dalla visione distorta e difficile, come del resto rimane la piena comprensione di un catalogo così votato alla sperimentazione.
Musica destinata a rimanere fuori dalle mode, è vero, ma conservatrice di quel fascino inscalfibile che con il tempo acquista sempre più valore. I dischi della Morphine Records sono valore.

A corollario di tutto la sfortunata sorte dell’Elefante Rosso, club fortemente voluto da Rabih, che lo stesso ricorda così:



“L’Elefante Rosso nacque tra mille difficoltà, si trascinò in esse, morì in un disastro finanziario neanche lontanamente prevedibile, ma fu decisamente l’esperienza più forte che abbia mai avuto, la strada più difficile ed intensa che ebbi il coraggio di intraprendere.”

Il club aprì i battenti il 21 Aprile del 2009 e cercò di scuotere il nord-est per nove incredibili mesi durante i quali si alternarono su quel palco i migliori esponenti della Techno, dell’House e del Jazz.
Rabih staccò completamente la spina smettendo di produrre, abbandonando la label, le serate, gli amici per dedicarsi esclusivamente alla gestione, al booking, alla promozione, al bar ed ai conti.



“Il club mi fece capire che la musica non ha veramente limiti, ho visto delle persone cambiare: le loro facce, le loro espressioni, il modo in cui comprano i dischi o ascoltano i concerti. 
Ho visto persone venire per ballare ed uscire ripetendo il riff dell’ultimo pezzo suonato da un sassofonista che non avevano mai sentito prima. Ho visto produttori di musica elettronica cimentarsi insieme a musicisti Jazz in sessions incredibili, ho visto genitori ascoltare i loro figli suonare per la prima volta su un palco di fronte ad un pubblico, ho visto una sala vuota di fronte a dei magnati della musica ai quali non importava nulla. 
Il posto aveva una magia tutta sua, volevano tutti esserci su quel palco.”

Nel marzo del 2010, terminate definitivamente tutte le attività legate all’Elefante Rosso, Rabih riordina le idee, ricomincia a produrre e dà alla luce l’album What have We Learned, pubblicato insieme alla Delsin Records.
Un album destinato alla storia che torna indietro, finalmente, i giusti riconoscimenti ad un uomo coraggioso e ad un artista illuminato.

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Ora anche la Morphine Records è tornata a vivere con un’altro straordinario lavoro dello stesso Rabih dal titolo “The TEPCO Report”, dal nuovo Ep firmato Metasplice, dall’imminente album degli Upperground Orchestra e dal futuro Ep di Container.

Si illuminò, ribollì, sputò fuoco, pianse e raschiò il fondo per poi riemergere, glorioso e finalmente compreso.
Altrove.