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Underground Resistance

Underground Resistance

Il denaro probabilmente non è mai stato uno dei fattori scatenanti di questa storia, né l’emarginazione, né tanto meno la sofferenza (sono stati in molti negli anni a relegare le vicende techno detroitiane con troppa superficialità ai citati fattori). Questi semmai sono stati ingredienti di un percorso che parte da molto più lontano, parte dal quotidiano radicato nella cultura afroamericana, quello di vivere confrontandosi ogni giorno con la propria spiritualità, mettendo in primo piano la riflessione e cercando di plasmare il proprio io nel segno del rispetto, dell’educazione e degli ideali, senza però trascurare l’unico “vizio” concesso, quello di sognare.

E’ difficile approcciarsi ad Underground Resistance senza aver compreso bene, prima di tutto, il lato umano della questione: il rischio grande è quello di assimilarne soltanto l’output puramente musicale, che intendiamoci, è già molto, ma è solo una parte di una scrittura ben più complessa.

A venirci incontro, per cercar di comprendere al meglio il percorso UR sono proprio alcune parole che Mike Banks ha rivolto ad un suo amico:

“Nel complesso penso che la musica sia più uno strumento che non arte.
Forse questa prospettiva può aiutarti a capire.
Come puoi vedere per noi (gente di colore, gente di periferia) la musica è uno strumento di vita.
Per guidare l’auto e rilassarti mentre sei nel bel mezzo del traffico…Usi la musica.
Per sposarti con la donna più speciale della tua vita…Usi la musica.
Quando muori…per confortare la tua famiglia…Usi la musica.
Per prendere la tua donna nel mood giusto per fare l’amore…Usi la musica.
Per far addormentare un figlio… La madre gli sussurra una canzone.
Quando sei triste e tutto nella tua vita va a puttane…Noi ascoltiamo il blues per cercar di capire come risollevarci da questo buco nero.
Quando una persona perde la sua strada nella vita, alcune volte della musica speciale può aiutare a ritrovare la giusta via mentre è nell’oscurità!
La domenica, quando Dio deve essere celebrato…Noi usiamo la musica.

Penso che noi avanziamo e miglioriamo, come esseri umani…Ma la scienza scoprirà anche che i cosiddetti popoli primitivi fossero in realtà più “avanti”. Gli scienziati scopriranno che la musica ed i suoni saranno in grado di curare malattie, cecità, problemi di natura mentale e molti altri disturbi che la medicina convenzionale non è in grado di curare. In quest’ottica vedo la musica come uno strumento, e coloro che la creano, come degli artigiani.
Se la musica di Detroit e la musica Soul fanno per te quel che mi dici, allora questo strumento sarà qualcosa di necessario per scoprire gli aspetti più profondi della tua persona.

In molte “cosiddette” culture primitive, alcune persone possono trovare il loro “io” soltanto staccandosi dal proprio corpo mentre ballano. Lo scopo è proprio quello di guardarsi dal di fuori, l’unico mezzo per conoscere veramente sé stessi. Questo è quello che molte tribù indiane d’America fanno quando ballano incessanti ritmi ripetitivi, come in “Star Dancer”. Non è necessaria nessuna droga, serve solo il sudore e la vicinanza con i propri fratelli. Allora potrai uscire dal tuo corpo, elevarti e capirti veramente.”

E’ con questa attitudine alla vita, dunque, che prende forma una delle macchine musicali più incisive di sempre, quella dell’Underground Resistance.

Techno: marchio musicale distintivo e totalitario generalmente associato al progetto, è sicuramente esatto se pensiamo alla parola Techno come sintesi di molti elementi: l’attitudine alla vita descritta da Mike Banks, il retaggio Jazz-Funk e lo sviluppo di nuove forme di musica “nera”, ma soprattutto un’utopica nei fatti, ma reale nell’anima, voglia di immaginare il futuro come qualcosa che oggi, ancora non esiste.

Contrariamente a quanto si è soliti pensare, il movimento musicale degli Underground Resistance non nasce nel 1990 con il memorabile UR001, o nel 1989, come Mike Banks dichiara in un’intervista radiofonica, ma anche qui parliamo di qualcosa che viene da lontano, ed una traccia tangibile di ciò è ben visibile nella foto interna contenuta nel digipack della superba raccolta “A Hitech Jazz Compilation” pubblicata nel 2005 da Submerge, la cui didascalia recita:

“This is where it all started – Mrs. Belle Banks basement basecamp 1 – 1985”

ed alla quale è dedicato il brano “Momma’s Basement” contenuto nella stessa.

Mommas Basement 1985Non è mai stato chiarissimo il numero di elementi che si celano dietro la fondazione di UR (anche se sarebbe forse più interessante sapere in quel lontano 1985 chi circolava in quell’artigianale studio di registrazione). Le voci ufficiali parlano però di Mike Anthony Banks (Mad Mike), Jeff Mills e Robert Hood (unitosi subito dopo).

Anche qui, per comprendere al meglio la profonda semplicità con la quale il collettivo è stato messo insieme ci torna utile una risposta data dallo stesso Banks a Mark Fisher di “Wire” in un’intervista del 2007 che chiedeva in che modo scegliesse gli artisti da accogliere nel gruppo.

“Ho ascoltato Drexciya ed ho pensato che fosse una delle musiche spaziali più strane mai ascoltate ed ero orgoglioso di poterlo presentare al mondo”

e ancora, riferendosi a Robert Hood:

“Rob ha praticamente inventato la musica minimale per quanto mi riguarda, e sono molto contento di essermi collegato a lui”

Capite bene come la buona musica fosse l’anima, il collante e l’unico linguaggio, lontano mille miglia da quello verbale, dal marketing, dalle forzature e dalla finzione.

Il gruppo venne considerato in tutto e per tutto come fautore della seconda generazione Techno di Detroit, quella che seguiva le gesta di Juan Atkins, Derrick May e Kevin Saunderson (i famosi tre di Belleville).

E questo è un altro punto sul quale soffermarsi per capire la natura dirompente del suono che andava prendendo forma. Infatti, mentre l’attività produttiva dei “3 di Belleville” era qualcosa di puramente musicale e passionale, il passo in avanti compiuto dagli UR fu quello di utilizzare la musica come un mezzo di denuncia politica e sociale.
L’America di quegli anni era sotto lo scacco matto reaganiano e Detroit cominciava ad avvertire i primi sintomi di un tracollo che nei nostri giorni è diventato purtroppo disastroso, quindi il pensiero comune fu quello di far parlare soltanto i dischi, celando le persone dietro un anonimato che fosse simbolo di un messaggio che volle andar oltre la parola, utilizzando come messaggero l’unico mezzo in grado di far trovare al cervello ed al cuore la strada per immaginare un futuro diverso, e lo faceva utilizzando suoni, arrangiamenti e ritmi che potessero restituire all’ascoltatore una prospettiva serena e pacifica di qualcosa che non esiste ma che tutti vorremmo tale.

C’è dell’altro, ed è legato più in senso stretto alle vicende di Detroit. Nei primissimi anni ’90 infatti Juan Atkins, Kevin Saunderson e Derrick May prima, ma anche Blake Baxter, Eddie ‘Flashin’ Fowlkes, Carl Craig in seguito, cominciarono a cavalcare l’interesse europeo per ‘il nuovo suono di Detroit’ legandosi ad etichette e suonando con insistenza nel vecchio continente e lasciando un po’ da parte la città dei Motori: è in questo contesto che Mike Banks interviene lanciando un messaggio proprio ai tre e dichiarando di fatto l’intenzione di riappropriarsi delle proprie radici.

L’etichetta apre ufficialmente nel ’90, con un disco che sembra ancora oggi un’eccezione nel primo periodo UR: “Your Time Is Up”, è firmato dal collettivo insieme alla voce di Yolanda Reynolds, una hit house arrivata intatta sino ai giorni nostri e stra-suonata da tutti i grandi Djs del pianeta.

Musicale fino all’eccesso con le sue tastiere suonate a ruota libera, la programmazione ritmica estremamente funzionale, la voce che è un tuffo al cuore e quegli arrangiamenti ruvidi che donano al brano il giusto compromesso tra satinature pop e ruggine urbana.
Un disco House pieno di grazia, che appartiene più a qual filone garage di poco precedente all’avventura UR sviluppato con il collettivo ‘Members Of The House’ o alle etichette “Happy Soul” e “Happy Records”.
Un brano che ha unito tutti, giunto a Chicago proprio nel momento di massima attenzione verso Detroit e suonato a ruota da un padreterno come Frankie Knuckles.

Dopo questo primo sketch gli schemi sono saltati in aria, ed ogni attività legata al collettivo è stata un chiaro messaggio politico oltre che musicale. Sin da subito altri soldati hanno iniziato ad unirsi al progetto, molti giovani producer detroitiani carichi di armi soniche pronte a sostenere la guerra intrapresa.

Ma qual era questa guerra?

Underground Resistance è stata la macchina che ha sferrato un attacco al conformismo delle istituzioni ed al loro distacco dalle reali esigenze dei popoli, attraverso uno statement monolitico nel quale invitavano i “fratelli” ad unirsi a questo movimento che voleva indurre al cambiamento cominciando da una rivoluzione sonora, perché ad essere respirata era un’aria di omologazione imposta dal mercato e dai promoters (per quanto riguarda il lato musicale) e dai governi per quel che concerne il sociale. Un muro invisibile che rischiava di schiacciare le persone, un muro che doveva esser distrutto a tutti i costi, e che possiamo ben dire sia stato attaccato violentemente dalla musica degli Underground Resistance in dischi come Riot Ep, Revolution For Change, Message To The Majors e Destruction Of Order, veri e propri missili puntati contro obbiettivi ben precisi.

Underground ResistanceQuesta nuova onda techno ha permesso veramente alle persone di immaginare qualcosa di nuovo e sconosciuto e questo in ogni parte del mondo. Se provate a chiedere a qualsiasi persona che ha vissuto musicalmente i primi anni ’90, i ricordi che avrà di quelle sessioni d’ascolto saranno quelli di un suono così potente e futuristico tali da andare oltre la musicalità stessa. E vien quasi innaturale pensare a quanto il suono degli UR sia intriso di cultura musicale per cosi dire tradizionale. Il Jazz, Il Funk, il Blues, le radici della musica nera che sono rimaste ben salde nel terreno mentre più in superficie questi astuti guerrieri disegnavano linee dalle traiettorie mai viste prima.

Detroit l’ho sempre immaginata come una grande famiglia, un posto dove ci si aiuta e supporta l’un con l’altro, un pensiero ingenuo, chiaro, ma pensateci bene, è un pensiero ottimista, è qualcosa che in larga scala può dirsi utopia, ed in questo gli UR hanno fatto scuola, dentro di me e dentro chiunque li abbia abbracciati, ci hanno insegnato a sognare, a guardare avanti con ottimismo, insomma, ad evolverci.

Di seguito abbiamo chiesto a due amici, ma soprattutto due  conoscitori dell’universo UR (tra i pochi in Italia ad esser entrati in contatto diretto con il collettivo della motor city), di portare il loro contributo. Il primo, Andrea passEnger Di Maggio, con un’analisi dettagliata dei vari “messaggi inviati”, il secondo, Andrea Benedetti,  con un racconto personale che chiude il cerchio intorno all’uomo Mike Banks ed a quel concetto di fratellanza fortemente radicato nella cultura afroamericana.


 

Andrea “passEnger” Di Maggio

La prima volta che ascoltai Hi-Tech Jazz fu un vero e proprio colpo di fulmine: la fusione operata dall’UR tra elettronica, funk e jazz per creare uno stile techno solare e  uplifting è stato il primo filone a cui mi sono appassionato.
A partire dagli esordi, dischi come Nation 2 Nation, World 2 World, Galaxy 2 Galaxy, passando per i classici Jaguar, Inspiration, Transition, Windchime fino al più recente progetto Timeline (in tour in questi mesi), rappresentano insuperabili esempi di come un illuminato tastierista di George Clinton innamorato del suono dei sintetizzatori possa inventarsi un suono nuovo, sincera sintesi degli elementi del suo bagaglio culturale ma  di respiro universale nella loro somma.

Una simile fusione di elementi, ma realizzata ad un livello più subdolo, sporco e funk, è quella sviluppata in una serie di dischi di matrice, appunto, Hi-Tech Funk (UR-042): qui a farla da padrone sono i poliritmi, l’influenza africana nel sovrapporre ritmiche e loop melodici è strumentale a realizzare futuristici viaggi dove il funk, ancora pulsante, è però reso astratto: Codebreaker, Ambush, Dark Energy, il doppio The Turning Point, e molti Red Planet condividono questo approccio, che può essere visto come il parallelo americano a quella Black Secret Technology che imperversava in UK all’epoca.

Questi dischi condividono con la techno dell’epoca diversi elementi sonori, primo su tutti l’uso della TB-303: esso però non è quasi mai fine a sé stesso, sfacciato graffio sonoro in faccia all’ascoltatore: anche nei brani più tesi, esso è uno degli elementi funzionali a rendere il corpo sonoro imponente e monolitico. Ancora più evidente è l’uso intelligente e anticonformista fatto nei brani dove in pochi si sognerebbero di inserire dell’acid: anche il filone più uplifting dell’hi-tech jazz fa infatti uso della 303 in una maniera calda e positiva (303 Sunset UR-005, Jupiter Jazz, UR-020).

Ron MurphyUn altro ingrediente del suono UR mai abbastanza celebrato, è il contributo del tecnico del mastering e del cutting Ron Murphy: autentica leggenda di Detroit, è stato l’uomo che ha inciso i master (fase delicatissima nella stampa di un disco) di una mole indescrivibile di dischi: da monumenti del soul come Isaac Hayes a centinaia di dischi techno usciti da Detroit tra la fine degli ’80 e il 2008, anno della sua scomparsa.
La sua abilità tecnica nel realizzare master dalle frequenze basse potenti e limpide, dal suono caldo e dalla ampia dinamica, è pari solo al suo grande contributo artistico ed umano: lo stesso Mike racconta quanto Ron sia stato d’aiuto a lui e a Jeff Mills (ancora acerbi produttori), nel consigliare tecniche di mixaggio e correggere i loro errori, oltre ad incoraggiarli a rendere i loro dischi unici, includendo frasi personali come etching, o suggerendo incisioni particolari come locked grooves, inside-out, o doppi groove (NSC-X2).

Tornando al suono dell’Underground Resistance, fondamentale è sottolineare il loro apporto nel rinvigorire il filone electro, un po’ sopito dopo la sbornia electro-funk e proto-rap della prima parte degli ‘80: Mad Mike pubblica nel ‘91 uno dei pezzi simbolo di tutta l’epopea UR: Final Frontier, pare anche convinto da James Stinson (Drexciya).
Ad esso seguiranno svariati 12” in cui techno, electro e acid vanno a braccetto: la serie Acid Rain, molti Red Planet, Electronic Warfare, i preziosi contributi di Drexciya, fino a culminare nell’imponente Interstellar Fugitives (UR-045) del ’98.
Un triplo LP in cui il suono si fa radicale summa di Africa, electro, e sci-fi; i ritmi sono scarni, spezzati, quasi ‘sbagliati’, sincopati ed astratti, le atmosfere sono da distopia futuristica; qui il credo UR viene elevato come mai prima e proiettato nello spazio: è qui che assume infatti i netti contorni di uno statement al 100% afrofuturista: si parte con richiami al periodo della schiavitù (Maroon, Nannytown), seguono riflessioni sull’identità del popolo afroamericana (Mi Raza, Afrogermanic), e si propongono vie di fuga, reali e figurate (Soulsaver, Unabomber, Negative Evolution, Moor Horseman On Bolarus 5).
Forse il progetto più ambizioso e radicale nella produzione UR, sia in termini di suono che di tematiche, da allineare ai grandi classici della Black Science Fiction che disseminano la produzione musicale afroamericana a partire da Sun Ra fino ai giorni nostri.

Questo non è stato però il primo episodio: sin dall’inizio dell’avventura infatti l’UR ha portato avanti, parallelamente allo sviluppo musicale ed estetico, un chiaro manifesto etico e sociale, attraverso le immagini delle copertine, i titoli dei brani, gli etching incisi sui vinili.
L’approccio alla techno diretto e radicale degli inizi è infatti sempre associato a messaggi contro le istituzioni e i poteri economici, insensibili alle necessità del popolo (“The needs of the many outweight the needs of the few”, UR-002, UR-005); attraverso i loro dischi  l’UR invitava la comunità all’unione, all’azione e alla rivoluzione (“The fire in us all”, UR-010, Revolution For Change, UR-LP1).
Rivoluzione che doveva esser attuata su diversi livelli: dall’assalto puramente sonico contro i monopoli culturali e radiofonici (Message to The Majors, UR-023, Designs For Sonic Revolutions, UR-033, Kill My Radio Station, UR-072) fino alla rivoluzione sociale, attuata attraverso l’educazione e la consapevolezza (la lotta ai programmers tramite la World Power Alliance) e il rifiuto della disuguaglianza tra le razze (la dedica a Malice Green, afroamericano ucciso dalla Polizia di Detroit: “We’ll see you in hell!” UR-023).
Non a caso, l’importanza data alle tematiche social unite ad un approccio in stile “Pantere Nere”, fecero guadagnare all’UR l’appellativo di “Public Enemy della Techno”.

L’approccio UR, anche se in forma più radicale e “riottosa”, ricorda anche quello impostato dal collettivo detroitiano Tribe, deciso a veicolare attraverso una musica libera da compromessi con il mainstream (e pubblicata dalla propria etichetta indipendente) un forte e chiaro messaggio di tipo sociale, votato ad aumentare la consapevolezza del popolo afroamericano col fine di realizzare una liberazione culturale e l’uguaglianza sociale.

Il mondo di UR è tuttavia più realista: l’avere origini indiane di Mike Banks (The Martian/Red Planet) hanno forse reso la colonna portante di UR meno romantica, e l’assenza di prospettive nella società americana odierna (Hi-Tech Dreams / Lo-Tech Reality, UR-071, “Has God Left This City?, UR-084) non lasciano grande spazio a interpretazioni.
Mike Banks però è un uomo guidato da alti ideali e con profonde radici, determinato ed attivo nel lavorare ad una società più giusta verso il suo popolo: è lecito quindi aspettarsi sempre un passo avanti (Next Step 4wrd, UR-087), in attesa della realizzazione dei suoi sogni (The Conscious Dream, UR-087).

ur_5Ho avuto il piacere di incontrare Mike Banks diverse volte, tuttavia il viaggio a Detroit è stata la volta in cui tutti i pezzi del puzzle si sono messi nel posto giusto: la sua dedizione al lavoro, il suo contributo attivo alla comunità afroamericana, il suo odio/amore per la città e per le persone che ne condividono la quotidianità, la sua continua attività di coinvolgimento delle nuove leve nelle file dell’UR, al fine di dare un futuro attraverso la musica a coloro che avrebbero poche altre speranze nel panorama desolato della Detroit degli ultimi decenni, hanno intriso di significato e di umanità quei dischi altrimenti così ruvidi, criptici, certamente mistici, forse distanti ma così disperatamente vivi.


 

Andrea Benedetti

Quando ho conosciuto Mike Banks nel 1993 ad una serata a Roma la sensazione immediata è stata quella di avere davanti un leader silenzioso che emanava carisma e saggezza. Una persona semplice e profonda che aveva un profondo orgoglio, ma anche una grande umanità verso chi riteneva fosse sulla sua lunghezza d’onda. Lo vedevo come un bluesman del Mississippi con i suoi tempi dilatati e quella saggezza ancestrale.
Un uomo forgiato dalla dura legge della strada, ma capace di essere incredibilmente gentile e disponibile con chi era parte del suo giro.

Underground Resistance a Roma 1993Quando venne a Roma la prima volta la serata non andò bene dal punto di vista organizzativo ed il suo primo pensiero, visto che erano in Europa, era quello di trovare delle serate per i suoi musicisti/amici per farli rientrare nei budget che si erano prefissati. Lì ho capito che le serate di UR per Mike erano parte di un progetto più ampio che includeva la città di Detroit e le persone che ne vivevano i disagi e le problematiche. Nel tempo molti non hanno trovato sintonia in questa visione che riportava tutto al gruppo e mai al singolo. Ma lui è rimasto sempre il riferimento primario, crescendo i giovani artisti come figli, come peraltro fa in veste di allenatore di baseball di una squadra locale di Detroit. Mike è fermamente convinto che la sua musica deve essere connessa col il tessuto sociale della città in un interscambio continuo fra le due parti.

Quando riuscimmo a farlo ritornare a Roma per i dieci anni di Finalfrontier, io e Marco Passarani volevamo onorarlo con una serata memorabile e così fu.

Timeline dal vivo al Brancaleone fu un successo sia di pubblico che di ricezione, oltre ogni aspettativa; la serata successiva al Link di Bologna rimise assieme Mills e Banks sullo stesso palco dopo anni.
Mike ha sempre detto che i due non si sono mai lasciati e che i rapporti erano continui. Vedendoli assieme nel backstage ne ebbi la conferma. Ma la gioia di averli riuniti sul palco fu un regalo troppo grande per chi, come noi, li aveva ascoltati e rispettati sia musicalmente che umanamente.

La Submerge era stata anche il riferimento numero uno quando creammo con Marco Finalfrontier e lui fu molto contento di questa nostra scelta che rispettava molto.

Non ci siamo più rivisti, ma ogni tanto ci scriviamo via email. Gli ho spedito anche il mio libro che ora si trova nella vetrina della Submerge assieme alla foto con mia moglie e mia figlia (in quegli anni mio figlio non era ancora nato) come esempio tangibile di uno scambio che unisce musica e umanità prima di tutto.

UR è stato prima di tutto l’esempio vivente dell’Utopia. Quel sogno folle e ingenuo di cambiare il mondo che nasce in noi quando prendiamo coscienza di ciò che ci circonda e lo raffrontiamo con il nostro essere o perlomeno con quello che si va formando nel nostro essere e che ci farà diventare adulti.

La percentuale di quell’Utopia che resta nelle nostre anime in età adulta è molto spesso data da esempi come questi che ti spronano a dare sempre il meglio per migliorare lo status quo. O invertirlo.

Ecco perché nel tempo, nonostante i tanti avvicendamenti e cambi di organico, UR non ha cambiato la sua immagine ai nostri occhi. Essa rappresenta un punto fermo, un esempio vivente, quasi un monito a non uscire dalla via maestra. Fa niente che non ci compenetriamo con la loro musica come prima o che non conosciamo i nuovi componenti del gruppo, il rispetto che emana quel logo e quel modo di pensare ed operare va oltre la forma. E’ puro contenuto.

Ed in fondo è questo che Mike Banks ha sempre teorizzato nelle sue poche, ma profonde uscite pubbliche. Il senso di spiritualità profonda di UR viene da lui. Le teorie del gruppo sono farina del suo sacco. In fondo l’anima di UR è lui, senza mancanza di rispetto per Mills, Hood e tutti quelli che ne hanno fatto parte. Siccome lui questo lo sa, ha sempre fatto di tutto per non mettersi al centro di questo progetto musicale, per fare in modo che la musica venisse sempre prima, sia dell’immagine che delle teorie. Anzi lui voleva che quelle teorie si fondessero con la musica, che trasudassero idee e sensazioni. Ecco perché la musica di UR ci emoziona ancora oggi.


A corollario di questa nuova storia, un mix esclusivo messo insieme proprio da passEnger, una visione personale dell’universo UR che lo stesso ci descrive così:

“Innanzitutto grazie a electronique.it per la fiducia: non è semplice cercare di sintetizzare una vasta discografia come quella dell’Underground Resistance in un’ora o poco più, non solo per la presenza di tantissimi classici, ma anche per la varietà di stili, tempi e atmosfere.
Ho quindi preferito lasciarmi guidare dall’istinto e dato precendenza ai brani a cui sono più legato, facendo una selezione decisamente personale: pazienza quindi se mancano i grandi classici che sarebbe logico aspettarsi.. buon ascolto!”

Potete ascoltarlo in streaming:

Underground Resistance Tribute Mix by passEnger by Electronique_It on Mixcloud

o scaricarlo cliccando qui

Tracklist:
01. CodebreakerUntitled – [UR-038]
02. Martian 044Prayer Stick – [RP-9]
03. ChaosAfrogermanic – [UR-045]
04. URAtomic Witchdokta – [UR-029]
05. URGoodTime – [UR-079]
06. The MartianStar Dancer – [RP-2]
07. URFirst Galactic Baptist Church – [UR-42]
08. Galaxy 2 GalaxyHi Tech Jazz (Live Version) – [UR-028R]
09. UR feat. YolandaLiving For The Nite (For The Feeling) – [UR-007]
10. The MartianSex In Zero Gravity – [RP-3]
11. Timeline feat. Jon Dixon & De’Sean JonesGhosts Of Graystone – [UR-085]
12. PerceptionAbandoned Building (In Mono) – [UR-054]
13. The MartianResurgence (Dance Of Spring) – [RP-14]
14. DrexciyaYou Don’t Know – [UR-037]
15. URThe Final Frontier – [UR-003]
16. The MartianFirekeeper – [RP-7]
17. URThe Illuminator – [UR-033]
18. TimelineTime Sensitive – [UR-052]
19. URThe Theory – [UR-008]
20. Nation 2 Nation303 Sunset – [UR-005]