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Bim Sherman Miracle

Bim Sherman Miracle
La poesia targata 1996 nella mia vita ha avuto il nome di Bim Sherman.
Nato Jarrett Tomlinson 58 anni fa a Kingstone, Jamaica, Bim è stato baciato dal sole e ben presto si è  immerso completamente nei ritmi dub dei sound system Jamaicani. Sole, caldo, aria stracolma di vibrazioni a basso profilo ed incoscienza giovanile hanno giovato non poco nella sua formazione, ben presto il suo talento ha cominciato ad emergere, forse troppo soffocato dagli spazi ristretti che lasciava quel suono in quegli anni.

Bim non è mai stato corrotto completamente dal reggae, o meglio, la sua era una visione avanguardistica del genere, qualcosa che lo spinse a sperimentare, stringendo un patto con il demonio che lo porterà a danzare insieme all’elettronica più sperimentale seducendola fino a farla sposare con il battito profondo del dub.

Nei primi anni ’80 avviene un incontro che salderà definitivamente il suo rapporto con l’elettronica, Bim entra in contatto, conosce e rimane affascinato dal più grande pionere dub bianco mai esistito, Adrian Sherwood.
Sherwood è semplicemente il punto di raccordo tra estetica nera e bianca nel suono dub, uno sperimentatore con un fiuto infallibile, nonché remixer sopraffino e produttore infallibile, insomma, uno che ha le stimmate della storia che stiamo raccontando.

Passano gli anni, e Sherman è un ventaglio aperto che produce a raffica senza farsi limitare da nulla o nessuno, dà vita a progetti collaterali come i “New Age Steppers”, i “The Justice League Of Zion” o ancora i Singers & Players, formati dallo stesso Sherwood e forse i progetto reggae più classico nel quale Sherman abbia mosso i suoi passi.

Il 1996 doveva essere l’anno. In copertina il suo volto è l’emblema del viaggio, un leggero gioco fotografico che per semplicità non fa altro che rimanere impresso nella mente. Un titolo, Miracle, cazzo di sfacciataggine penserete voi. Miracolo fù..
La sua voce è puro nettare che serpeggia senza sosta con fare malinconico e sussurrato. Non c’è nulla di simile nella sua storia, qui siamo fuori da ogni coordinata stilistica perché ci troviamo di fronte ad un lavoro per ritmo e voce.
Costruzioni ritmiche fatte da percussioni suonate live, in alcune tracce eseguite da Talvin Singh, chitarra affidata a Skip McDonald, Bim è la voce ed il disco è una magica sinfonia che abbraccia il calore dell’estate, fornendosi come musica ideale per lasciar vagare la mente.
C’è armonia, tecnica ed odore di salsedine, c’è la possibilità di seguire la voce oppure il ritmo, separatamente, a seconda delle esigenze.
Miracle è un granello di sabbia nell’oceano, inarrivabile semplicità di un artista che dopo aver dato tutto se stesso allo studio di nuove forme sonore, approda ad una verità accecante spogliandosi praticamente di tutto quello che ha inseguito per anni.

O forse questo è proprio il risultato di quelle sfrontate ricerche. Non potremo mai saperlo per certo, ci accontentiamo di tirar fuori ogni volta dallo scaffale questo disco per abbandonarci completamente ad una musica sublime e ad una voce che corrompe il nostro cuore fin quasi farlo esplodere.