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Greatest Pills /

Black Science Orchestra Walters Room

  • Label / Junior Boy's Own
  • Catalog / JBOLP5
  • Format / Vinyl, CD
  • Released / 1996
  • Style / , ,
  • Rating /
    8/101
Black Science Orchestra ‎– Walters Room

Nel 1996 la Junior Boy’s Own di Terry Farley e Steven Hall, pubblicò un triplo album intitolato Walters Room. La firma dei Black Science Orchestra è una di quelle prestigiose.
Nel momento di massimo consolidamento della scena house londinese, l’album si presenta come un vero e proprio tributo alla storia del genere house, con una visione più evoluta ma sopratutto proponendo un meraviglioso connubio di suono acustico strumentale ed elettronico. A metà anni 90 nella capitale inglese si sviluppò una vera e propria corrente house ispirata alla scena disco americana, che ha visto come protagoniste etichette di rilievo come la Noid Recordings degli Idjut Boys, la Black Cock Records di Gerry Rooney e DJ Harvey o la Nuphonic di David Hill e Sav Remzi.

Queste labels stabiliranno un vero e proprio trait d’union con l’America. Non è un caso che produttori talentuosi come Rob Rives e il compianto Adam Goldstone scomparso precocemente nell’agosto del 2006 a soli 37 anni, pubblicarono svariati singoli sia come solisti, sia come collettivo sotto il moniker di Superstars Of Rock, questi ultimi artefici di uno dei brani post-disco più interessanti ma allo stesso tempo dimenticati del 1995 “Orange Sunshine” pubblicato sulla inglese Stress Records.
Durante questo periodo i Black Science Orchestra di Ashley Beedle si guadagnano uno spazio importante anche se parlare di un album come Walters Room cominciando con il nome di Beedle non fornirebbe gli elementi necessari per comprenderne in pieno la grandezza. Partire da lontano e precisamente rievocando il nome di Walter Gibbons, figura chiave della scena underground disco di New York, nonchè pioniere del beat-mixing, al quale lo stesso album è ispirato e dedicato potrebbe essere un ottimo punto di partenza.

Walter Gibbons

Produttore, remixer e DJ dalle spiccate doti tecniche, Gibbons interpretò un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei generi house e garage. Fu suo l’intuito di focalizzarsi sulle parti strumentali e percussive di una canzone, esaltandone la componente dance, inventando così il concetto di remix.
La edit di 9:15 minuti del brano Ten Percent dei Double Exposure commissionata nel 1976 da Ken Cayre per la sua Salsoul Records è la prima vera testimonianza di “Disco Mix” immesso sul mercato sotto forma di singolo 12 pollici, definito dallo stesso Beedle “The Blueprint Of House Music”, il disco dal quale nacque l’intero movimento della musica house. Prima di allora, i pionieri del mixer dovevano far ricorso a tutte le loro capacità tecniche e mixare canzoni di breve durata estratte da LP, nel più fortunato dei casi stampate su 7 pollici. Procurarsi due copie dello stesso disco per creare quella miscela ipnotica ed esplosiva che potesse fare da colonna sonora alle migliaia di clubbers che si riversavano sulle piste da ballo per celebrare il rito primordiale. La tecnica del remix già messa a punto nell’hip hop qualche anno prima da DJ Kool Herc a colpi di breaks, diede un vero e proprio impulso generatore al movimento dance di metà anni 70.

Larry Levan (leggi l’approfondimento), prendendo esempio da Gibbons, creò un intero mondo attorno alla forza centrifuga dei suoi remix, arrivando addirittura ad inventare un nuovo concetto di clubbing che potesse rendere giustizia alla nuova forma nascente di musica da ballo. Diventò promotore e padrino di un vero e proprio genere musicale che prese il nome dal Paradise Garage, locale nel quale per dieci lunghissimi anni dal 1977 al 1987, fu maestro di cerimonia e comandante di maratone musicali interminabili della durata anche di interi weekend.
Da New York a Chicago il passo fu breve.
Il compianto Frankie Knuckles, altra figura suprema della scena e grande amico di Levan, applicò la stessa formula nel corso delle sue esperienze al Warehouse e al Powerplant, due dei tre club di Chicago insieme al Music Box del leggendario Ron Hardy, che ospitarono l’insorgente movimento house prima ancora che il genere potesse definirsi tale. Gli ingredienti di un successo annunciato, come già accadde per Larry Levan, si basarono ancora una volta sugli insegnamenti di Walter Gibbons. Il lavoro di editing su Reel to Reel venne però enfatizzato da un sapiente uso di drum machines e linee di roboanti bassi sintetizzati, plasmando un nuovo genere di musica dance, ossessiva, ipnotica e ripetitiva che presto venne divulgata oltre oceano grazie alla nascita di etichette discografiche indipendenti come la Trax Records, Dance Mania, Alleviated Records e DJ International. Il resto è storia. La leggenda narra di tre giovani di Belleville (Detroit) ossessionati dal suono elettronico, che ogni fine settimana macinavano miglia per andare a Chicago ad assistere ai mantra di Ron Hardy e Frankie Knuckles, ma questa è un’altra storia ancora.

Junior Boy's Own

Tra gli anni 80 e i 90, il fenomeno esplose e presto il numero di artisti, produttori e labels promotrici del suono house divenne sempre più grande sia in America che in Europa. Si svilupparono diverse correnti, come il jersey sound di Tony Humphries all’epoca resident DJ allo Zanzibar e il suono lisergico dell’acid house che partendo da Chicago grazie alle sperimentazioni di DJ Pierre, trovò terreno fertile nello storico club Hacienda di Manchester.
Se Manchester cavalcò l’ondata acid house, fu Londra la città che fece da catalizzatore per la nuova scena disco ispirata al suono garage di New York. Il formato dodici pollici, ormai divenuto standard fondamentale per il lavoro da DJ, invase gli scaffali dei negozi specializzati e presto schiere di promoters e imprenditori della notte posero le basi per stabilire una connessione con la scena americana. DJ Harvey fu uno dei primi ad accorgersi del potenziale e durante la sua residenza al party Moist del Gardening Club di Londra, riuscì a portare in terra britannica addirittura Larry Levan. Harvey approdò presto alla consolle del Ministry Of Sound, locale creato da Justin Berkmann e riuscitissimo esperimento di replicare in ogni dettaglio la formula vincente del Paradise Garage, partendo da un portentoso sound system unico ai suoi tempi. Dal 1991 al 1997 il club si fece promotore del suono house di fattura americana e le apparizioni dei maestri di cerimonia d’oltreoceano divennero sempre più numerose e a cadenza settimanale. Frankie Knuckles, Tony Humphries, Masters At Work e lo stesso Levan catturarono l’attenzione di migliaia di clubbers, ispirando generazioni future di DJs e alimentando l’interesse per la club culture in tutta Europa. Presto come accadde negli Stati Uniti, anche in Europa nacquero un numero considerevole di etichette discografiche indipendenti.

E’ in questo periodo che i Black Science Orchestra debuttano ufficialmente con l’ottimo singolo “Where Were You” sviluppato sul campione di “The Night The Lights Went Out” dei The Trammps, al quale collabora lo stesso Beedle insieme a Jon Howard e Rob Mello. Già da questo primo singolo si iniziano ad intravedere gli elementi che caratterizzeranno il loro suono negli anni a seguire, anche se, come vedremo più avanti, il trio non rappresenterà la formazione definitiva. Il singolo esce in sordina ma presto diventerà parte delle selezioni di Frankie Knuckles e Tony Humphries insieme ad un secondo brano intitolato “Strong” registrato con Linsey Edwards al posto di Rob Mello.
Nel 1994 con l’uscita di scena di Edwards e l’arrivo di Marc Woolford insieme alla polistrumentista Uschi Classen prende forma il progetto definitivo, il duo insieme a Beedle scrive una pagina di storia del genere house con “New Jersey Deep”. Il brano costruito sul sample disco/funk dei Wood, Brass & Steel intitolato Funkanova diventerà in breve tempo un classico house senza tempo.
A distanza di un anno l’alchimia si ripete. Il 1995 diventa punto di partenza di un prolifico periodo produttivo su Junior Boy’s Own che ha inizio con l’uscita del singolo “City Of Brotherly Love” e culminerà con la pubblicazione del triplo album di debutto “Walters Room” nel 1996.

Mai abbastanza celebrato e relegato ad uno status di poco valore, se parliamo di evoluzione del suono house, l’album rimane una delle testimonianze più poetiche di metà anni 90. Vero e proprio tributo alla figura di Gibbons e agli impulsi generatori di un genere musicale rivoluzionario, l’album è stato spesso utilizzato nei DJ set di apertura e trascurato nelle big room, reo di essere privo di un impatto significativo sul dancefloor. Un attento ascoltatore potrà facilmente individuarne elementi potenziali anche sotto questo punto di vista. La fonte di ispirazione primaria deriva chiaramente dal sound di Philadelphia. Ascoltando l’incredibile assolo di sintetizzatore in “Save Us” la traccia di maggior successo dell’album, viene difficile non pensare al Dexter Wansel di “Life On Mars”. Le orchestrazioni del duo Gamble&Huff pubblicate sulla storica Philadelphia International sono ampiamente celebrate nei sette minuti di “City Of Brotherly Love”. Come la magia orchestrale sprigionata dagli arrangiamenti di archi e le improvvisazioni jazz del vibrafono si amalgamano alla perfezione sopra il profondo giro di basso. “Just Holdin’ On” ci porta ancora una volta ad esplorare l’anima soul del philly sound. Ritmiche up-tempo intrecciate con i backing vocals dei migliori O’Jays sono gli elementi di uno dei momenti più dance dell’album.
“Downtown Science” e il brano “A Hot Family Day” sono esempio di un’altra evidente fonte di ispirazione che affonda le radici nell’ ibrido latin disco della scena newyorchese caratteristico delle produzioni di Joe Bataan e Candido su Salsoul Records.
Vera forza trainante di questo album, è la capacità di suscitare emozione e sentimento, di narrare e celebrare la preziosa eredità dei precursori del genere dance. Il fil rouge che tiene in perfetto equilibrio gli undici brani strumentali sono le atmosfere deep di tracce come “Bless The Darkness”, “Hudson River Revisited” e “St. Mark’s Square”. L’assenza di parti vocali cantate rievoca ancora una volta la figura di Walter Gibbons e quel primitivo impulso di concentrarsi sul basso e le percussioni come unici ed essenziali punti di riferimento.

Walters Room è stato ristampato nel 2008 dalla Junior Boy’s Own su doppio CD. Al primo disco contenente la tracklist originale più le bonus tracks “New Jersey Deep” ed un suggestivo remix del brano “Save Us” ad opera dello stesso Beedle, segue un secondo disco ricco di materiale bonus nel quale spiccano rarità e versioni inedite, il singolo di debutto “Where Were You”, il brano “Philadelphia” uscito sull’Altered States EP insieme alla versione originale di “New Jersey Deep”, ed una superba edit firmata Ashley Beedle e Phil Asher, della canzone “Make Me Believe In You” di Curtis Mayfield e cantata da Patti Jo.
Quest’ultimo brano ci ricorda come il culto dell’editing inventato da Walter Gibbons abbia giocato un ruolo determinante nello sviluppo del suono dance e di come l’abilità di disassemblare e ricostruire una canzone secondo i propri gusti sia diventato nel tempo un fortissimo mezzo di espressione musicale e personale.