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Greatest Pills /

Spooky Found Sound

  • Label / Generic
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 1996
  • Style / , ,
  • Rating /
    10/101
Spooky
Prima di tutto, vietato confondere gli Spooky con Dj Spooky, poi la storia.

Siamo a Londra nel 1992, momento storico fertilissimo, ancora non esisteva Berlino e se c’era qualcosa, passava per forza da lì. Come spesso accadeva in quel periodo, ci si conosceva per via della musica, non si chiedevano amicizie su nessun social network, c’era la passione e faceva nascere rapporti ben più profiqui di quelli ai quali siamo abituati oggi. Charlie May e Duncan Forbes si conoscono quindi in quella Londra crocevia del suono e cominciano a condividere da subito i loro pensieri e le loro conoscenze musicali, accorgendosi pian piano di appartenere allo stesso Dio, qualcosa che aveva a che fare tanto con l’elettronica in stile Warp (che non poteva certo mancare in quel dato periodo) quanto con il krautrock tedesco di fine settanta.

Passione che diventa amicizia di li a poco, ed ancora una partnership produttiva in qualcosa che prenderà il nome di Spooky.

Ed è da qui che inizia la nostra divisione nella musica prodotta dal duo. Parliamoci chiaro, quello che rese famosissimi i due amici londinesi è un album di debutto dal nome Gargantuan, un best seller progressive house uscito per Guerrilla e ristampato e licenziato per almeno altre dieci etichette. Una produzione dance con tutti i crismi di un genere che nella capitale inglese aveva resa massima. Un album che avrebbe portato soldi a non finire oltre che gig da star bene per i duri anni a venire.

Cosa ci fanno allora qui gli Spooky? Presto detto, passano tre anni da quel dorato debutto e dalle stamperie della Generic records esce il secondo album targato Spooky. Nulla di nuovo fin qui, ma quel che rimane uno dei miei grandi sogni mancati è vedere le facce dei fan del duo non appena inserito nel lettore cd il loro secondo album.

Found Sound  è qualcosa di totalmente spiazzante e diverso da ciò che erano e che dovevano essere gli Spooky. Per capire le coordinate pensate ad Andrea Parker ed al suo suono cavernoso, siamo lì, siamo esattamente lì.

La rivoluzione parte da subito, dalle battute metalliche di “Central Heating”, un furore breakbeat dai chiari contorni industriali, un brano solido quanto incredibilmente futuristico, un colpo al cuore ai fan delle melodie progressive del primo round.
In molti, credo, hanno sperato ad un isolata manovra, ma con la partenza del secondo brano (Miscellaneus) tutte le speranze hanno trovato un funerale più che degno. Cos’è successo? Immagino qualcosa di romantico, due amici che dopo essersi conosciuti grazie alla passione per la musica riescono nell’intento di fare soldi, tanti e facili, passa il tempo ma qualcosa nel loro cuore non fila a dovere, c’è negli anfratti un piccolo campanello d’allarme. I due amici tornano a guardarsi negli occhi e la verità fa subito capolino. Tornano in studio pensando al cuore ed alla mente e scrivono un album destinato a rimanere nella storia. La loro è un’interpretazione di confine, qualcosa che abbraccia la techno, l’electro e l’ambient in maniera coraggiosa e sfrontata.
Provate ad ascoltare un capolavoro come “Bamboo” per capire di cosa parlo. Il respiro della techno unito alla forza violenta dell’electro ed alla melodica soffocante dell’ambient, con in più quell’estro lirico facente parte del loro bagaglio sonico. Un mostro senza tempo, musica destinata a non invecchiare ed a sopportare il peso dell’immortalità.

Tutto l’album è scritto come a dover servire da colonna sonora per qualche film fantascientifico, un approccio cinematico che vede in equilibrio perfetto le ariose melodie talvolta dal sapore vintage come in “Lowest Common Denominator” alla ritmica serrata e metallica. Su tutto quel manto d’oscurita figlio dei sobborghi londinesi, un ambientazione che farà poi la fortuna degli odierni giganti dubstep.

C’è ancora dell’altro. Techno strana, tagliente, un brano come “Concussion” con il suo groove perforante che anticipa di secoli le rare apparizioni techno di un’altro genio come Robert Henke. Con “Concussion” sembra d’ascoltare “Plumbicon” con dieci anni d’anticipo.
Ed ancora un senso melodico compiuto, caldo e scorrevole, note che si abbracciano non appena uscite dalle tastiere per dar vita ad una narrativa profonda ed emozionante.

Con Found Sound gli Spooky hanno scritto un memoriale da lasciare alla storia, qualcosa che parla di loro in maniera intima e che prende le distanze in modo deciso da quel primo album troppo votato al successo.
Una cosa è il lavoro, un’altra la vita.